Di tutto un Pop, il cammino d’arte di Baldo Diodato
Pittura, scultura, performance: una naturale vocazione a sperimentare — non di rado affiancandoli, sovrapponendoli, ripensandoli — linguaggi diversi. Così Baldo Diodato (Napoli, 1938) ha attraversato buona parte del secondo Novecento, fino a ritrovarsi celebrato con una personale di taglio antologico curata da Achille Bonito Oliva e inaugurata ieri in tre sale di una Galleria nazionale d’arte moderna in parte chiusa e trasformata in cantiere, in vista del «debutto» del programma 2016-17 promosso dalla nuova direzione, a giugno.
Titolo della rassegna (fino al 29 maggio, tel. 06.32298221, martedì-domenica 8.30-19.30), «Baldo Diodato opere 1965-2016»; un omaggio composto da 33 lavori e alcuni video di performance realizzate tra Lucca, Roma e Napoli (con la partecipazione del musicista e compositore Antonio Caggiano). In sintesi, l’attività artistica di Diodato muove i primi passi negli anni Sessanta alternando opere con stilemi tipicamente pop ( Still life by mail, 1965; S, iamo alla frutta 1966) — linguaggio nuovo e in voga al tempo — ad altre di genere «minimal», l’altra koinè dominante al tempo ( One way del 1965, n; ella foto o i due cubi elementari-primari esposti da Lucio Amelio a Napoli nel 1967). Attraverso sperimentazioni, ricerche, viaggi (l’artista, a Roma dal ’92, ha a lungo vissuto negli Usa), e utilizzando materiali differenti per plasmare le sue opere — rame, alluminio, legno, tela — Diodato ha poi via via sviluppato una cifra stilistica tutta sua, non di rado influenzata dai luoghi in cui si è trovato a vivere. Così si possono ritrovare nei suoi lavori tanto gli echi di una allegranapoli neo-barocca, quanto recenti rivisitazioni della classicità romana o le frenesie di passeggi newyorchesi. Fu nel periodo in cui visse nella
Big Apple che Baldo, osservando da una finestra quadrata l’incessante movimento dei passanti, decise di fissare questi passi dando vita all’opera-performance J.F.K. Square Philadelp, dhoiave una tela quadrata come la finestra si trasforma in «palco» di sculture viventi.