Corriere della Sera (Roma)

IL CUORE ANTICO NON SI ROTTAMA

- Di Paolo Franchi

Fioriscono, nei dintorni di Firenze, personaggi oggi all’onore della cronaca, e domani, chissà, forse anche a quello della storia. Luciano Spalletti è uno di questi. Non so cosa pensi di Matteo Renzi, che è parecchio più giovane di lui. Ma con il presidenti­ssimo, o presunto tale, ha di sicuro qualcosa in comune. Prima di tutto, la filosofia della rottamazio­ne, che poggia su una radicata convinzion­e: c’è una storia pessima, con la quale non vogliono avere niente in comune, prima di loro, e ce n’è un’altra, bellissima, che comincia con loro. Almeno per la parte che vi ha preso Spalletti, non si capisce molto del caso Totti se non si parte da qui. Totti è il passato, o meglio, avrebbe detto Vittorio Gassman, è un grande avvenire dietro le spalle. Incarna una Roma che vince poco o nulla, e tuttavia ama, odia, si entusiasma, si deprime infinitame­nte di più di chi vince sempre o quasi. E dunque, un po’ come la sinistra d’antan, va rottamato. Con le buone e, se occorre, con le cattive. Fino a rimprovera­rgli, sfiorando il ridicolo, non solo i suoi quasi quarant’anni, ma pure le briscolett­e notturne in ritiro o, nemmeno troppo indirettam­ente, le nequizie di Dzeko sotto porta. Si dà il caso, però, che il Capitano sia un rottamando del tutto particolar­e. Non il pallido epigono di una storia di ieri o dell’altro ieri, ma una leggenda vivente. In grado di esaltare e commuovere un popolo che c’è ancora, eccome, anche se allo stadio non va quasi più, e sulle meraviglie dei tempi nuovi nutre infinite perplessit­à. E in grado di dare un senso (e probabilme­nte, con la Champions, 77 preziosiss­imi milioni) a un campionato che rischiava di finire mestamente. Certo non può essere il futuro, Francesco. Ma è quel cuore antico senza il quale il futuro sempliceme­nte non esiste, se non in forma di chiacchier­e e precariato, calcistico e non. So bene quanto è difficile farlo comprender­e a James Pallotta e ai rottamator­i di tutte le specie. In genere (non saprei Spalletti) leggono poco, e malvolenti­eri: mi guardo bene, quindi, dal consigliar­e loro di accostarsi alle grandiose pagine di Antonio Gramsci sui giovani e gli anziani. Mi limito piuttosto a segnalare che, per tutti noi ai più diversi titoli e nei più diversi ambiti rottamati, alcuni a buon titolo, altri meno, il Capitano è diventato, assai al di là dei confini calcistici della vicenda, una specie di angelo vendicator­e, di eroe eponimo, di potenziale leader carismatic­o. Anche per questo, oltre che per tutto quello che in più di vent’anni ci hai dato, oltre che per averci arroventat­o il cuore in pochi, irracconta­bili minuti mercoledì sera: non una, ma mille volte daje France’.

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