Sul Teatro Due senza finanziamenti cala il sipario
Ancora una brutta notizia per la cultura: in città ha chiuso un altro teatro. Nell’elenco dei caduti di quello che sembra un bollettino di guerra dello spettacolo dal vivo questa volta si legge il nome del Teatro Due di via Due Macelli. Una sala piccola, certo (un palco minuto per un centinaio di posti a sedere), che però in oltre trent’anni di attività sotto la direzione di Marco Lucchesi era diventata un avamposto sicuro per il bel teatro, aperto alla sperimentazione ma mai azzardato, e per la drammaturgia contemporanea, con un occhio di riguardo ai giovani talenti. Sipario abbassato e porte serrate da ieri, ma la chiusura era nell’aria da tempo. Dall’emanazione del decreto ministeriale Fus (Fondo unico per lo spettacolo) firmato dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che ha approvato nuovi criteri per l’erogazione e anticipazione di contributi allo spettacolo. Già due anni fa Lucchesi lo aveva definito «un baratro travestito da ponte, pericolosissimo poiché invita ad attraversarlo in nome del cambiamento e dell’innovazione senza tener conto della realtà». «Un obbrobrio burocratico fatto di algoritmi e punti/euro che bloccano, nei fatti, l’accesso ai finanziamenti pubblici di quei teatri che non hanno grandi numeri e strutture — scriveva nel 2014 — senza proporre nulla che possa ragionevolmente accompagnarli verso una nuova organizzazione del lavoro se non un demagogico invito a consorziarsi in aggregazioni impraticabili». Aveva ragione. Così il Teatro Due è rimasto a secco ed è andato avanti con le sue risorse finché ha potuto, senza peraltro accumulare un euro di debito con nessuno. «Non ci sentiamo bocciati ma truffati — dice oggi Lucchesi — e, in assenza anche di finanziamenti da comune, provincia e regione, preferiamo chiudere piuttosto che tradire e svendere la nostra identità e storia».