Nicoletta Braschi e gli 80 anni dell’Accademia
Gli 80 anni della Silvio d’Amico e i ricordi dell’ex allieva Nicoletta Braschi: il provino, gli insegnanti «di primissima grandezza» e quell’esonero dalle odiate lezioni di scherma
L’Accademia nazionale d’ arte drammatica« Silvio d’Amico» compie 80 anni. L’ex allieva Nicoletta Braschi si iscrisse alla scuola nel 1980: «Avevo finito il liceo e, come tutti, cominciavo a prepararmi al mondo del lavoro».
Nata e vissuta a Cesena fino a quel momento, perché decide di venire a Roma?
«In verità, prima di andare a Roma ero andata a New York. Avevo sentito molto parlare delle scuole americane e, dopo aver partecipato a varie audizioni, ero stata accettata in quella di Stella Adler: mi interessava il suo insegnamento, perché si era formata con Strasberg e faceva molto lavoro di approfondimento sul testo. Poi, però...» Però? «Ho capito che non avrei mai potuto esprimermi nella recitazione in lingua straniera, così mi chiesi: che ci sto a fare qui? E tornai in Italia».
Ma perché proprio all’Accademia e non, per esempio, alla scuola del Piccolo di Milano?
«Anche quella è una scuola importantissima, ma ritenevo più importante la Silvio d’Amico, ne avevo sentito tanto parlare, dunque mi preparai per il provino di ammissione».
Cosa scelse per affrontarlo?
«Un testo di Ionesco... e superai la prova. Strano, però, poi negli anni non mi è mai più capitato di recitare questo grande autore». I suoi insegnanti? «Ho avuto la fortuna di formarmi con un gruppo di professori di primissima grandezza: da Aldo Trionfo a Luca Ronconi, da Marisa Fabbri al gigante Franca Nuti cui sono tuttora legatissima. Poi Paolo Terni, che ci aprì le stanze più belle della musica. Ma anche Lorenzo Salveti con cui ho imparato l’approfondimento dei testi».
L’insegnamento che le è rimasto più impresso?
« Ricordo una f rase di Trionfo che ci diceva di essere come cipolle: dovevamo togliere strati, per arrivare al nucleo delle emozioni». I suoi colleghi di corso? «Tra i tanti, ricordo con affetto Marco Presta, Danilo Nigrelli, Totò Onnis... L’Accademia era una palestra di preparazione quotidiana e costante dalla mattina alla sera. Per me un piacere senza riserve: l’approccio era molto serio ma nel gioco, sì perché recitare è comunque giocare».
La materia che amava di più?
«Tutte le lezioni mi piacevano, perché venivo formata ed educata: era il momento della progettazione della vita da adulta, quindi il fervore era totale». Un momento difficile? «Non ho vissuto momenti difficili o di crisi, ma per due cose ero assolutamente negata: il mimo e le lezioni di scherma, tanto che mi dovettero esonerare... D’altronde - aggiunge - anche quando da ragazzina mio padre voleva a tutti i costi che imparassi a giocare a tennis, il maestro cui mi aveva affidato un giorno gli disse: “Lascia perdere, tua figlia è proprio incapace, e tu sprechi i soldi”».
E come accolsero, i suoi genitori, la sua intenzione di fare l’attrice?
«In famiglia non c’era una tradizione legata al mondo dello spettacolo. Avevo solo una prozia che aveva fatto la cantante lirica, ma mio padre era direttore della Confartigianato e mia madre insegnava alle scuole medie. Però mi hanno sempre assecondato e sostenuto. La mia passione per il teatro scaturiva da quella per i romanzi: mentre leggevo, non riuscivo a trattenermi e rotolavo dentro alle storie con tutta me stessa, immedesimandomi nei vari personaggi, vivendo vite altrui. Recitare era quindi l’unico modo per entrare nell’intimità di quei capolavori».
E poi l’incontro con Roberto Benigni...
«Lo incontrai che avevo appena iniziato a frequentare l’Accademia e da allora iniziammo a progettare insieme quello che sarebbe stato il nostro futuro».
Ha mai desiderato tornare all’Accademia come insegnante?
«Potrei tornare lì subito, ma come allieva, come insegnante mai! Se facessero un corso di aggiornamento per ex allievi, mi iscriverei immediatamente».
Una dedica che vorrebbe fare alla scuola oggi ottantenne?
« Dedico all’Accademia i miei “giorni felici” che lì ho trascorso, con tanta gratitudine».
Benigni «Lo incontrai che avevo appena iniziato a frequentare. Allora iniziammo a progettare il nostro futuro»