Brighenti, l’idea di città per l’atelier della Dolce Vita
«Resistiamo per orgoglio e per amore verso il nostro lavoro, ma dal punto di vista imprenditoriale non ha senso». Marcello Brighenti, titolare della storica boutique di corsetteria in via Frattina dal 1953, è tra i pochi che non hanno abbandonato l’attività. «Se fossimo un valore per la città, andrebbero ripensati mobilità e parcheggi per l’accesso in centro»
Ogni anno, i quattro nipotini di Anna Brighenti non vedevano l’ora che arrivasse dicembre perché proprio di fronte al negozio della nonna in via Frattina, accanto a maglioncini e tutine per neonati, nelle vetrine de La Cicogna andava in scena anche il Natale, con tanto di renne, neve artificiale e foto ricordo. Un po’ più giù, il consueto via vai di politici e uomini d’affari nella sartoria di Osvaldo Testa. E poi ancora, le torte Sacher della pasticceria Krechel che hanno segnato il destino di Nanni Moretti, i quaderni della Cartotecnica Burchi, le carte da parati molto chic di Zinelli e Perizzi, la gioielleria Manni e, all’angolo, l’astucciaio Biagini di via del Gambero.
Cronaca di un recente passato che ha spazzato via le botteghe storiche della capitale per far posto a paninerie, catene di fast
fashion, souvenir di dubbio gusto ma anche al più desolante «nulla», perché tante sono le saracinesche abbassate, rimaste senza vita. «Ma noi resistiamo, non ce ne andremo, nonostante sia sempre più difficile, nel centro di Roma, coniugare qualità e impresa».
Anche se le basaltine, che hanno sostituito i marciapiedi ne mettono a rischio l’incolumità, la signora Anna, 85 anni, non rinuncia a raggiungere ogni giorno l’atelier di alta corsetteria al civico 7, che insieme al marito Alberto aprì negli anni della Dolce Vita e della Hollywood sul Tevere. Da Sophia Loren a Claudia Cardinale, da Ursula Andress a Brigitte Bardot, da Florinda Bolkan a Ornella Muti, non c’è diva del cinema italiano che non abbia frequentato la storica boutique di sottovesti, vestaglie, biancheria intima, pigiami e costumi da bagno. Ma anche un punto di riferimento per le signore romane in cerca di qualità, cortesia e ultime novità in tema di lingerie a 360 gradi. «Certo, servire le grandi attrici è stato fantastico, arrivava Anna Magnani con De Sica, Sophia con Carlo Ponti, Laura Antonelli accompagnata da Jean Paul Belmondo e ancora oggi serviamo Valentino, Versace, Armani, sartorie teatrali e molte parlamentari - ricorda la signora Anna - ma quello che per noi conta di più è il rapporto quotidiano con le clienti. Le conosciamo per nome, sappiamo le loro misure, fino a poco fa le ho seguite personalmente. Oggi ci sono mia nuora Alessandra e mia figlia Antonella, oltre a cinque ragazze formate per rispondere a ogni dubbio e richiesta».
Alla fine dell’Ottocento, tutti insieme i 14 fratelli Brighenti fondano a Verona un laboratorio di presidi ortopedici, tanto che negli anni Trenta e Quaranta vengono chiamati in Africa per fornire arti artificiali ai mutilati delle guerre. Pochi anni dopo gli eredi si spargono un po’ ovunque, soprattutto al Nord, da Bergamo a Venezia, da Padova a Ferrara e Bolzano. «Mio padre Alberto era ambizioso, venne a Roma e subentrò al bustaio Fabiani nel 1953 — racconta il figlio Marcello, oggi alla guida dell’azienda — aveva gusto e correva a Parigi da Bischoff per farsi fare i pizzi e frequentava le fiere internazionali». Un’ offerta preziosa che negli anni però è diventata quasi insostenibile. «Rappresentiamo una fattispecie commerciale che un tempo a Roma era diffusa — aggiunge Marcello — e la gente arrivava anche dall’estero per visitare questi atelier. Ora stiamo sparendo. Noi non chiudiamo per orgoglio e tenerezza verso la nostra “creatura”, ma dal punto di vista imprenditoriale non ha molto senso. La prima domanda da farsi è questa: “Ha un valore per la città, che luoghi come il nostro non muoiano?” Se sì, mobilità e decoro nel centro storico andrebbero completamente rivisti perché le varie amministrazioni, pensando di favorire i residenti con pedonalizzazioni, Ztl e divieti, invece li hanno penalizzati perché il primo sistema per combattere il degrado è rendere le strade accessibili a tutti. Invece il commercio di vicinato, la bottega di fiducia sono spariti e i primi ad andare via sono stati proprio i residenti, che hanno trasformate le case in bed & breakfast».
Secondo Brighenti, nodo strategico per dare nuova linfa al centro storico, sono i parcheggi: «Non devono essere un lusso, inteso come deterrente all’uso dell’auto. Allora vogliamo mezzi efficienti. E poi mi chiedo: perché quello di piazza Cavour, organizzato e pulito è sempre pieno mentre quello di Villa Borghese è abbandonato e sporco con la gente che ha paura a metterci piede? Non vogliamo aiuti o assistenzialismo ma qualcuno ci spieghi che modello di città ha in mente per guardare al futuro ».