ORFINI, LO SCHIFO E LE SCORIE
Dice il commissario del Pd romano Matteo Orfini che il partito è stato gestito «di schifo» negli anni passati. E lo dice nel giorno in cui viene ammainata la bandiera che da tempo immemore sventolava sulla storica sede di via dei Giubbonari. Causa sfratto per morosità. «Schifo»: usa proprio questo termine, riferendosi al fatto che «in questa città c’era chi pensava che si poteva stare nelle sedi senza pagare». E magari il problema del Pd romano, uscito fracassato dalle elezioni comunali, fosse solo quello. Le indagini di Mafia capitale da una parte, e l’inchiesta sui circoli condotta da Fabrizio Barca dall’altra, hanno rivelato uno scenario inquietante: dominato in gangli non marginali da consorterie assimilabili a comitati d’affari. Altro che affitti non pagati. Dall’arrivo del commissario sono ormai trascorsi due anni, e sarebbe arrivato il momento di conoscere finalmente i risultati della cura Orfini: il quale, va ricordato, è anch’egli un esponente del Pd romano. Per esempio, che fine hanno fatto i dirigenti dei circoli incriminati? Quanto e come hanno pagato coloro che li gestivano? Nella vita di un partito due anni sono un’eternità. Ma sono bastati a fare la pulizia necessaria? Per ora sappiamo che il congresso della federazione romana per scegliere i nuovi vertici è slittato a febbraio inoltrato. Forse il lavoro era più difficile del previsto. Che ci siano ancora in circolazione le scorie di quello «schifo»?