Camionisti acrobati nel caos urbano
Les 7 doigts de la main, ex artisti del Cirque du Soleil, protagonisti di «Traces» per Romaeuropa Nato dieci anni fa, lo spettacolo ha raccolto un milione di spettatori. Fra musica, teatro e cabaret
Vengono dal Québec. Sette amici, artisti del Cirque du Soleil, cresciuti fra gli chapiteau; un giorno del 2002 - stanchi degli spettacoli scintillanti popolati da fate e supereroi - hanno deciso di creare una compagnia tutta loro, prendere in mano il proprio destino, pensare fuori dagli schemi. «Volevamo scendere per strada, parlare di noi stessi». Un nuovo circo a misura d’uomo, che nasce dalla vita di tutti i giorni. «Les 7 doigts de la main» è oggi una delle compagnie più famose, ma quegli amici sembrano sempre dei «routard» – come li hanno definiti i francesi - dei camionisti di passaggio. Sempre pronti a incursioni audaci su terreni accidentati, come con i recenti «Triptyque» - in cui esplorano i linguaggi della danza e il controllo della gravità, fra immobilità e movimento - o «Bosch Dream», un viaggio nell’universo di uno dei pittori più enigmatici, nel quinto centenario della morte.
Les 7 doigts de la main sono però restati fedeli allo spirito originario, e così portano ancora in giro per il mondo «Traces», che nel 2006 è stato il loro secondo spettacolo dopo «Loft»; da allora, duecento città, venticinque paesi, un milione di spettatori. Da stasera a domenica sarà all’Auditorium Conciliazione per il Romaeuropa Festival, un ritorno dopo «Cuisine & Confessions» dello scorso anno. Fra circo, show musicale, teatro e cabaret, «Traces» è uno spettacolo giovane, rock, volteggiante, esplosivo, divertente e poetico, una performance di «urban adrenaline» hanno commentato gli americani dell’off-Broadway, il caos urbano trasformato in energia acrobatica.
«Gli artisti per i quali avevamo scritto il primo Traces avevano vent’anni e un senso di urgenza – hanno spiegato Shana Carroll e Gypsy Snider, che firmano regia e coreografia - Era l’inizio della generazione di Internet e si chiedevano come lasciare una traccia di ciò che erano, in un momento in cui il mondo vacillava in un’altra epoca, quella del virtuale». I sette protagonisti si sono avvicendati negli anni, ma tutti conservano quella stessa carica adolescenziale, elettrica di ieri, quella stessa furiosa passione di vivere.
«Traces» ci trasporta in un riparo di fortuna fatto di tela e nastro adesivo, con due alberi in fondo, una sedia e un pianoforte. Un disastro imminente si annuncia, le uscite di sicurezza sono ovunque in sala – annunciano - perché qualcosa di terribile potrebbe accadere. Questi ragazzi però non si rassegnano, reagiscono, vogliono lasciare almeno un segno. Si presentano in scena, uno per uno, si confidano a un microfono, altezza, peso, data di nascita, luogo di origine; raccontano il loro passato, i loro punti di forza, le debolezze (lo stile Facebook è implacabile). Sono affettuosi, romantici, goffi, narcisi; sanno recitare, cantare, suonare, sono spiritosi ma soprattutto sono degli acrobati straordinari, incuranti dei rischi, con un’energia sfrenata, esagerata. I numeri di virtuosismo potrebbero sembrare i soliti, da scuola circense (cerchio aereo, trapezio, ruota Cyr, palo cinese, diabolo), ma questi sembrano (sono) dei ragazzi come tanti, che s’incontrano per strada con lo skateboard o il pallone da pallacanestro, anche se poi si arrampicano sulle pertiche come se passeggiassero, eseguono salti mortali, restano in bilico in cima a pile di sedie, attraversano volando cerchi. Oppure leggono
I registi e coreografi Abbiamo scritto il primo show per artisti che appartenevano alla generazione di Internet
un libro – come fa tranquilla l’unica donna della compagnia, anche se la poltrona su cui è seduta barcolla, sfugge, si capovolge, imbizzarrita come una barca scossa dall’uragano.