Attenti a quei due, inappuntabili cretini
Rischia di non sembrare un complimento, invece lo è: quando entra in scena, vestito di grigio chiaro, inappuntabile da perfetto impiegato ministeriale, François Pignon o meglio Nicola Pistoia, sembra un cretino all’ennesima potenza. È il protagonista de «La cena dei cretini», di Francis Veber, in scena al Ghione. Prima di lui era apparso, a sipario chiuso, Paolo Triestino. Li avevo visti in «Muratori» di Edoardo Erba, tanti anni fa: hanno perfezionato l’intesa e, vorrei dire, lo stile da cretini. Non nel senso di Laurel e Hardy, è che il loro personaggio (in fondo è lo stesso per tutti e due) pretende d’essere, rispetto ai due grandi anglosassoni, più rispettabile, o più sofisticato. L’essenza della loro stupidità appartiene a una classe sociale, o meglio a un ceto: una fascia media della borghesia appagata dei risultati conseguiti. L’unica cosa che si può ancora fare è divertirsi: e come ci si diverte se non con il gioco e con le donne? Paolo Triestino è un giocatore di golf, sale sul palco dalla platea, piazza a terra una pallina e dà un colpo con la mazza da golf. Ma essendo cretino non lo sa fare, si prende un colpo della strega, la cena in programma tutti i mercoledì farà a meno di lui. Ma a casa gli si presenta puntuale all’appuntamento il cretino che pensava di esibire: ognuno porta il suo e si vede qual è il più cretino di tutti. François Pignon, anche se non parteciperà alla gara, rischia di vincere la partita solo a vederlo. Lui alle donne non pensa, come l’intelligente che lo avrebbe esposto al ludibrio degli amici. Si limita a giocare con i fiammiferi, costruisce figure, vuole mostrare a tutti i suoi capolavori, il suo «cavallo di Troia». È in quella casa, dal rapporto tra il sano e il malato, che scaturirà una serie di esilaranti equivoci, cui la platea del Ghione partecipa in modo inconsueto nei nostri teatri. Merito tutto loro: di Pistoia e Triestino, due inappuntabili attori comici e «cretini».