METTERE A REDDITO, MA NON SOLO
Mettiamo che la Giunta abbia un programma per la Cultura. Mettiamo che voglia realizzarlo anche accordando locali del proprio demanio a equo canone ad associazioni culturali, biblioteche, ludoteche, scuole di musica, musei privati. E magari anche a botteghe e a laboratori artigiani. Potrà farlo? Oppure verrà in ogni caso costretta dalla Corte dei Conti a «mettere a reddito» e quindi a canoni di mercato locali suoi? Le vicende riguardanti le organizzazioni culturali e umanitarie più diverse (e paganti), dall’Accademia Filarmonica Romana inquilino secolare alla Siae (Museo Burcardo con la collezione su Petrolini), alla Biblioteca di organologia sino a Emergency e a Sant’Egidio, sfrattate dal commissario Tronca autorizzano la domanda: sono timidi e incerti (e magari inerti) gli amministratori capitolini oppure temono con ragione la scure della Corte dei Conti? Il dilemma va sciolto. Il patrimonio culturale non può essere impoverito perché vige, assoluta, la legge del “mettere a reddito”. Già troppe librerie hanno chiuso i battenti in pieno centro per l’esosità degli affitti. Le associazioni culturali sono alla disperata ricerca di una sede. In via Tor di Nona il quartiere dell’Asino che vola restaurato negli anni ‘70 coi fondi Gescal, è un deserto. Le botteghe sarebbero state cedute (uso il condizionale) a privati e non trovano locatari di mercato. Parliamone almeno. Mettiamo che la Giunta Capitolina abbia un programma...