«Almeno metà degli incassi del Colosseo rimanga alla città, patrimonio da abitare»
Con la costituzione del parco archeologico il ministro Franceschini fissa l’esistente in una cornice, lo decontestualizza, limite questo comune a tanti musei che fanno fatica a innovare e raccogliere in pieno la sfida di essere contemporaneamente generatori di ricchezza e capitale sociale. Applicare alla gestione del Colosseo e dei Fori lo stesso modello concepito per altre zone del Paese è una decisione infelice. Se il Parlamento prima e il Ministro Franceschini avessero avuto meno fretta, avremmo potuto cogliere l’occasione per prendere insieme una decisione di portata storica, utile a tutto il Paese. Viceversa, considerare il Colosseo e i Fori come una macchina che produce denaro, asseconda il consumo mordi e fuggi del turismo a Roma. Insomma, per iperbole, come se Roma Capitale prendesse in considerazione la provocazione di un cittadino che ci consiglia di mettere un ingresso a pagamento alla piazza, di proprietà del Comune, da cui si accede al Colosseo: la biglietteria della biglietteria. Roma ha un immenso patrimonio che solo se valorizzato nella sua interezza può essere un vero fattore di sviluppo della Capitale, il volano di una nuova immagine dell’Italia nel mondo e fonte di felicità per i cittadini. Questo patrimonio è diffuso e gravemente in sofferenza, eccetto nelle aree trasformate in attrattori turistici primari: il Colosseo e i Fori innanzitutto. Aree che però sono anch’esse parte integrante del tessuto urbano, il «nucleo di una cometa» che solca la città, nulla a che vedere con Pompei o la Reggia di Caserta. Estirpare il nucleo dalla cometa, affidare ad un gestore la «good company», la macchina che attrae e macina ricavi (il Colosseo appunto) e ad un altro gestore il resto, non motiva il primo a sviluppare una strategia capace di creare valore sul resto. La valorizzazione del patrimonio di Roma richiede una programmazione integrata che a sua volta nasce da una strategia unitaria sulla città. Una vera trasformazione del centro di Roma deve necessariamente prevedere che molta parte di ciò che oggi è accessibile a pagamento possa essere attraversato liberamente. Con il biglietto si dovrebbe viceversa regolare l’accesso ai monumenti o aree di particolare attrazione come il Colosseo, i luoghi del Palatino, i Mercati di Traiano e altri ancora. Invece di un museo per i turisti, Roma può offrire a chi la vive e al mondo un incredibile spazio pubblico, un unicum che lega storia e vita contemporanea, sulle orme della città antica che dal Circo Massimo si apre a sud verso l’Appia, si estende fino a Monti, passando per i Mercati di Traiano e l’area del Campidoglio. Con l’apertura gratuita di Capodanno ne avevamo dato un piccolissimo assaggio che spero possa essere ripreso se al gestore del parco saranno date chiare indicazioni al riguardo. Il ministro si è impegnato a destinare automaticamente il 30% degli introiti netti alla nuova soprintendenza speciale, quella che dovrà occuparsi di tutto ciò che è fuori dal parco. Ma perché non il 50%, visto che oggi questa è la percentuale che rimane a Roma ? Mentre scrivo queste righe apprendo che il ministro intenderebbe far pagare un biglietto per l’ingresso al Pantheon. Confido in un fraintendimento e non nell’accanimento a decidere su Roma, senza discuterne con Roma. Noi lavoriamo per una città che sia un patrimonio da abitare e non un museo da consumare. Si può fare molto di più e di meglio di un parco archeologico dell’area centrale di Roma, se Governo e Roma Capitale lavorano di concerto. Se si pensa in grande, se si prende atto della unicità di Roma e del suo immenso potenziale lo si può mettere a supporto della rinascita della città e dell’intero paese. Diversamente facilmente si fanno danni. * Vicesindaco e assessore alla Crescita culturale