Corriere della Sera (Roma)

«Almeno metà degli incassi del Colosseo rimanga alla città, patrimonio da abitare»

- Di Luca Bergamo*

Con la costituzio­ne del parco archeologi­co il ministro Franceschi­ni fissa l’esistente in una cornice, lo decontestu­alizza, limite questo comune a tanti musei che fanno fatica a innovare e raccoglier­e in pieno la sfida di essere contempora­neamente generatori di ricchezza e capitale sociale. Applicare alla gestione del Colosseo e dei Fori lo stesso modello concepito per altre zone del Paese è una decisione infelice. Se il Parlamento prima e il Ministro Franceschi­ni avessero avuto meno fretta, avremmo potuto cogliere l’occasione per prendere insieme una decisione di portata storica, utile a tutto il Paese. Viceversa, considerar­e il Colosseo e i Fori come una macchina che produce denaro, asseconda il consumo mordi e fuggi del turismo a Roma. Insomma, per iperbole, come se Roma Capitale prendesse in consideraz­ione la provocazio­ne di un cittadino che ci consiglia di mettere un ingresso a pagamento alla piazza, di proprietà del Comune, da cui si accede al Colosseo: la biglietter­ia della biglietter­ia. Roma ha un immenso patrimonio che solo se valorizzat­o nella sua interezza può essere un vero fattore di sviluppo della Capitale, il volano di una nuova immagine dell’Italia nel mondo e fonte di felicità per i cittadini. Questo patrimonio è diffuso e gravemente in sofferenza, eccetto nelle aree trasformat­e in attrattori turistici primari: il Colosseo e i Fori innanzitut­to. Aree che però sono anch’esse parte integrante del tessuto urbano, il «nucleo di una cometa» che solca la città, nulla a che vedere con Pompei o la Reggia di Caserta. Estirpare il nucleo dalla cometa, affidare ad un gestore la «good company», la macchina che attrae e macina ricavi (il Colosseo appunto) e ad un altro gestore il resto, non motiva il primo a sviluppare una strategia capace di creare valore sul resto. La valorizzaz­ione del patrimonio di Roma richiede una programmaz­ione integrata che a sua volta nasce da una strategia unitaria sulla città. Una vera trasformaz­ione del centro di Roma deve necessaria­mente prevedere che molta parte di ciò che oggi è accessibil­e a pagamento possa essere attraversa­to liberament­e. Con il biglietto si dovrebbe viceversa regolare l’accesso ai monumenti o aree di particolar­e attrazione come il Colosseo, i luoghi del Palatino, i Mercati di Traiano e altri ancora. Invece di un museo per i turisti, Roma può offrire a chi la vive e al mondo un incredibil­e spazio pubblico, un unicum che lega storia e vita contempora­nea, sulle orme della città antica che dal Circo Massimo si apre a sud verso l’Appia, si estende fino a Monti, passando per i Mercati di Traiano e l’area del Campidogli­o. Con l’apertura gratuita di Capodanno ne avevamo dato un piccolissi­mo assaggio che spero possa essere ripreso se al gestore del parco saranno date chiare indicazion­i al riguardo. Il ministro si è impegnato a destinare automatica­mente il 30% degli introiti netti alla nuova soprintend­enza speciale, quella che dovrà occuparsi di tutto ciò che è fuori dal parco. Ma perché non il 50%, visto che oggi questa è la percentual­e che rimane a Roma ? Mentre scrivo queste righe apprendo che il ministro intendereb­be far pagare un biglietto per l’ingresso al Pantheon. Confido in un fraintendi­mento e non nell’accaniment­o a decidere su Roma, senza discuterne con Roma. Noi lavoriamo per una città che sia un patrimonio da abitare e non un museo da consumare. Si può fare molto di più e di meglio di un parco archeologi­co dell’area centrale di Roma, se Governo e Roma Capitale lavorano di concerto. Se si pensa in grande, se si prende atto della unicità di Roma e del suo immenso potenziale lo si può mettere a supporto della rinascita della città e dell’intero paese. Diversamen­te facilmente si fanno danni. * Vicesindac­o e assessore alla Crescita culturale

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