Muscoli, trombe e video: Aminta è virtuale
Brinchi e Spanò rileggono l’opera del Tasso e la traghettano nel presente. Stasera il debutto all’India
Mettere mano all’opera di Torquato Tasso per traghettarla ai giorni d’oggi non era tra gli obiettivi artistici di Luca Brinchi e Daniele Spanò, visionari registi e scenografi multimediali corteggiati dalle sfilate di moda. Ma quando nel 2016 è arrivata la proposta di portare in scena «Aminta» alla Sagra Musicale Malatestiana, non hanno esitato: «Sembrava una grande sfida col passato, e lo è stata sul piano del linguaggio, invece ci siamo ritrovati a lavorare su un testo dai contenuti sorprendentemente contemporanei, che affonda in alcune emergenze della nostra cronaca: stupro, suicidio e la liceità delle pulsioni personali nella società».
Dopo il debutto a Rimini e un passaggio romano a Short Theatre, il loro «Aminta» sbarca stasera al Teatro India, con l’adattamento di Erika Z. Galli e Martina Ruggeri, mescolando video, suoni, recitazione, realtà virtuale e performer in carne e ossa per restituire un Tasso letterariamente fedele ai libri di scuola ma in un’inedita versione sensoriale. Rispettata la coralità del poemetto pastorale che, secondo la critica di Francesco De Sanctis «A’ contemporanei parve un miracolo di perfezione, e certo non ci è opera d’arte così finamente lavorata». Il poeta v’incastrò cori, descrizioni, soliloqui, sentenze e movimenti appassionati per raccontare il mondo favolistico in cui scorre la vicenda amorosa del pastore Aminta e della ninfa Silvia. Brinchi e Spanò ne recuperano la complessità congenita riproducendo in chiave multimediale il lavoro drammaturgico certosino di Tasso.
«L’unica licenza – assicurano - è il finale: ci fermiamo quando il protagonista tenta il suicidio, saltiamo il lieto fine. Per il resto assembliamo tutte le voci mantenendo la geometria del montaggio originale, ma ne rivoluzioniamo completamente l’identità scenica». Così il personaggio di Amore parla per videoproiezioni, i due consiglieri Dafne e Tirsi si esprimono attraverso macchinari a forma di trombe, il Coro è incarnato da teli leggeri mossi dal vento su cui vengono proiettate grandi bocche parlanti. Se a ogni per- sonaggio Tasso faceva corrispondere un linguaggio, Brinchi e Spanò sono andati oltre: «Per ogni ruolo e linguaggio abbiamo costruito un mezzo d’espressione – chiariscono - sostituendo gli attori con dispositivi meccanici».
Un cast tecnologico, dunque, e presenza virtuale per Aminta e Silvia, che appaiono solo in video nell’interpretazione di Lorenzo Anzuini e Clelia Scarpellini con le voci di Michele Degirolamo e Flaminia Cuzzoli. Mentre l’unico performer fisicamente sul palco dell’India è Davide Pioggia nei panni del Satiro «culturista» governato dall’istinto del piacere, simbolo dell’Età dell’Oro libera da norme «civili» contro i comportamenti «eccessivi». «È lui che accende la riflessione sul dominio della Natura sulle leggi dell’uomo ed è lui che apre l’interrogativo sulle conseguenze della soddisfazione individuale a scapito degli altri. Su quel “S’ei piace ei lice” (Se piace, è lecito) – concludono - che nel Cinquecento tormentava Tasso e tutt’ora molti uomini».