Corriere della Sera (Roma)

Il ricamo made in Italy a Chinatown

IL NEGOZIO CHE RESISTE ALL’ESQUILINO

- Di Lilli Garrone

Alessandra

Santori, 77 anni, gestisce la merceria in via Principe Eugenio all’Esquilino dal 1954: «Quante volte mi hanno chiesto di vendere... Ma questa è la mia vita, non me ne andrò mai...». Il suo è l’ultimo baluardo di romanità nella zona di piazza Vittorio, circondato da grossisti cinesi, da rivendite di alimentari orientali, da ristoranti indiani: una strada dove perfino l’antica e classica gelateria Fassi – il «Palazzo del freddo» è praticamen­te accanto – è passata di mano ed è diventata al cento per cento coreana. Il marito, Gerardo, 81 anni, una volta andato in pensione si è messo ad aiutarla.

Tra i fili colorati e le scatole di bottoni ha trascorso un’intera vita. «Ho iniziato a lavorare quando avevo 14 anni e adesso ne ho 77, quindi sono esattament­e 63 anni che sto qui», racconta Alessandra Santori. «Qui» è un negozio di merceria in via Principe Eugenio all’Esquilino che sembra un po’ uscito da una favola, e un po’ anacronist­ico. È totalmente circondato da grossisti cinesi, da rivendite di alimentari orientali, da ristoranti indiani: una strada dove perfino l’antica e classica gelateria Fassi - il «Palazzo del freddo» è praticamen­te accanto - è passata di mano ed è diventata al cento per cento coreana perché acquistata dal gruppo Haitai. In quella via di attività italiane non ce ne è più nessuna, ed anche nella vicina piazza Vittorio o nelle strade accanto i negozi «Made in Italy» si contano praticamen­te sulle dita di una mano. Ma Alessandra Santori imperterri­ta resiste: « Sapesse quanto spesso i cinesi sono venuti a chiedermi di vendere il negozio - ammette -, direi che me l’anno chiesto almeno diecimila volte e ogni anno, anche con i soldi in mano. Ma io non ho mai voluto vendere».

Magra, minuta, con tutti i capelli bianchi la merciaia ha un continuo aiuto nel marito, Gerardo, 81 anni, che una volta andato in pensione si è messo anche lui a vendere calze e nastri, chiusure lampo e spille da balia: «Ma il negozio è di Alessandra», ci tiene a precisare. E in mezzo a tante scritte orientali questa, un po’ antica, in lettere corsive gialle, «Merceria» non c’è che dire, è una sorpresa. Loro due sono lì da mattina a sera, chiusure poche, i «figli hanno altre attività»: «Non abbiamo possibilit­à di ricambio o di prosecuzio­ne - dicono - ma questo negozio l’abbiamo tirato su con tanto amore e quindi finché ce la facciamo andiamo avanti». Un negozio che non è nemmeno tutto loro. Metà sì, e ne possiedono anche le mura; l’altra metà l’hanno presa in affitto nel 1980, l’hanno unita alla propria e allargato lo spazio: «Allora il lavoro andava bene - è il racconto di Gerardo - adesso è diminuito. Ma i prodotti che vendiamo noi, dalla biancheria intima alle calze, sono molto diversi da quelli che vendono gli altri: i nostri sono un po’ più cari, ma di ottima qualità, tutte marche serie, sicurament­e durano più a lungo. E i clienti lo apprezzano».

Resistono e vanno avanti, decisament­e sereni. Fino al 2006-2007 gli affari sono andati bene, da quel momento è iniziato il calo .« Lastra dasi è spopolata-spiegano-sono arrivati i cinesi tutti con gli stessi articoli. Noi adesso ci accontenti­amo, non abbiamo più lo spirito e lo sprint di una volta, ma finché ce la facciamo non cediamo di certo». E soprattutt­o non intendono cedere all’avanzata orientale, anche se in futuro i figli, chissà...Per ora, per Alessandra Santori la merceria è ancora fonte di soddisfazi­one. È fiera delle tante matasse di lana che ha in vetrina e invita ad ammirare la quantità di colori: qualcuno lavora ancora a maglia? «Eccome. Tantissima gente». Gerardo interviene: «Sapesse quanti articoli abbiamo noi, articoli dei quali forse qualcuno non ricorda neppure l’esistenza». Come le scarpine fatte a mano per i neonati, che occupano un’intera vetrina, l’uncinetto, le toppe per i gomiti dei golf troppo usati, i nastri con disegnati fiori e paperelle, l’uovo per riparare calze e calzini...Entra un cliente, è un cinese che non parla italiano, ma si intendono a gesti: «Ah lei vuole il “velcro”», capisce Gerardo. «Certo che ce l’abbiamo, ecco e le spiego anche come deve fare per unire le due parti...». La merceria si rivela così utile perfino per chi la vorrebbe soppiantar­e con negozi tutti eguali.

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 ?? (foto Lapresse) ?? Artigiani Alessandra Santori e il marito Gerardo che, dopo essere andato in pensione, l’aiuta nel negozio di via Principe Eugenio
(foto Lapresse) Artigiani Alessandra Santori e il marito Gerardo che, dopo essere andato in pensione, l’aiuta nel negozio di via Principe Eugenio

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