LA STRISCIA GIALLA E IL «BOBBY» DUE CAPITALI, DUE CIVILTÀ
Caro Conti, tra tutte le immagini sull’attentato di Londra, quelle che mi hanno colpito di più mostrano un «bobby», un poliziotto, che riapre al transito una strada togliendo fino all’ultimo centimetro il canonico nastro giallo che si usa in simili circostanze. Lei sa spiegarmi il perché?
Ruggero Ianuario
Sull’edizione on line di questa rubrica, roma.corriere.it, la lettrice Maria Foschi mi rimprovera quando sostengo che Roma non è, per mille ragioni, una vera Capitale europea. A mio avviso la sua domanda, gentile signor Ianuario, porta alla risposta che lei stesso già si attende: quel gesto del «bobby» ha attirato la sua attenzione perché Roma è strapiena di bande gialle collocate da vigili urbani, polizia, carabinieri e poi mai rimosse. Ieri mattina, lunedì post- vertice europeo, centinaia di strisce gialle sventolavano in mezzo centro storico, ormai inutili e mezze rotte. Chissà quanto resisteranno ancora, contribuendo a un degrado estetico e pratico. Il «bobby» londinese sa benissimo che, conclusa una qualsiasi emergenza, la normalità si ripristina (in una vera Capitale europea) togliendo ogni traccia legata a un qualsiasi evento eccezionale. A Roma bande gialle, divieti di sosta temporanei, cartelli, avvisi sopravvivono invece per giorni, settimane, anche mesi, nella puntuale e colpevole assenza di disposizioni. Ecco perché certi gesti «normali» altrui ci rammentano la nostra triste, sciatta, penosa «anormalità» romana.