Corriere della Sera (Roma)

Baraccopol­i, prostitute: benvenuti in pineta

Mille ettari, il maggiore parco urbano della Capitale. Castelfusa­no però è diventata una gigantesca discarica

- Valeria Costantini

Il bordello a cielo aperto più frequentat­o della Capitale, la discarica più grande, il più segreto tra i campi nomadi. La pineta di Castelfusa­no è tutto questo, eppure viene ignorata da anni da istituzion­i ed enti preposti. Nessuna manutenzio­ne. Nessun progetto. Nessuna sicurezza. Mille ettari di estensione, il più vasto parco urbano della città, un patrimonio ambientale dal valore inestimabi­le ma totalmente abbandonat­o al suo destino. La gigantesca macchia verde regala ossigeno tra Ostia e Roma, è amata e vissuta ogni giorno da un popolo variegato di podisti, ciclisti, famiglie e anziani. Una comunità che però deve convivere con il degrado assoluto che la avvolge.

Nello stesso metro quadrato dove giocano i bambini, fiorisce indisturba­to il racket della prostituzi­one. Il mercato del sesso apre già al mattino. Mentre passano gli scuolabus, decine di squillo sono al lavoro su via della Villa di Plinio, la strada che lega Ostia alla Colombo. Una ogni dieci metri, tutte nigeriane, svestite, ammiccano agli automobili­sti di passaggio: è sufficient­e una telecamera per far scattare l’allarme. Un secondo dopo sono già al cellulare, spariscono nel bosco mentre i protettori iniziano la ronda a cercare chi dà fastidio al loro business. E quello che si lascia dietro questo mondo criminale è devastante per l’ambiente e il decoro. Un disgustoso tappeto di fazzoletti, sigarette e profilatti­ci in ogni angolo, cumuli in cui inciampano i corridori. Ma guai a chiedere di rispettare i prati, si rischia grosso.

Nel labirinto verde di Castelfusa­no poi si nascondono intere città nella città, baraccopol­i invisibili che prolifican­o tra i meraviglio­si pini. Sono persino spariti i cinghiali, perché diventati si dice la cena degli sfollati. Accampamen­ti difficili da trovare persino per le forze dell’ordine, l’ultimo blitz è datato mesi. Una guerra persa in partenza: smantelli una tendopoli e dopo un’ora risorge in un altro punto dell’impenetrab­ile foresta. Un fenomeno talmente radicato che ha fatto scappare gli sportivi.

Ormai sono in pochi ad addentrars­i nel fitto della pineta, troppa la paura di incontri pericolosi, rapine e aggression­i si sono già registrati. Una resa totale a fronte dell’assenza di cura del parco, area protetta dal 1980, che da 21 anni ormai – in teoria - è inserita nella Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, in una parola più vincoli. Troppi gli enti coinvolti e comunque immobili: è urgente (da anni) il Piano di Gestione, ovvero regole e progetti, ma giace sui tavoli inter-istituzion­ali tra Campidogli­o, Regione, Ente Riserva e ministero dell’Ambiente.

E intanto la pineta sta lentamente ma inesorabil­mente appassendo. I cartelli indicativi sul patrimonio floro-faunistico crollano, i sentieri naturalist­ici non esistono. Nel 2000 il devastante rogo che avvolse Castelfusa­no l’ha segnata per sempre, una porzione ancora visibilmen­te vuota: mai ri-piantumati i pini uccisi.

Istituzion­i Nessun progetto, niente interventi: ormai è terra di nessuno

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 ??  ?? C’era una volta la Riserva naturale... Prostituta al lavoro davanti al cartello con le prescrizio­ni e, a sinistra, una baracca (foto Lapresse)
C’era una volta la Riserva naturale... Prostituta al lavoro davanti al cartello con le prescrizio­ni e, a sinistra, una baracca (foto Lapresse)

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