Baraccopoli, prostitute: benvenuti in pineta
Mille ettari, il maggiore parco urbano della Capitale. Castelfusano però è diventata una gigantesca discarica
Il bordello a cielo aperto più frequentato della Capitale, la discarica più grande, il più segreto tra i campi nomadi. La pineta di Castelfusano è tutto questo, eppure viene ignorata da anni da istituzioni ed enti preposti. Nessuna manutenzione. Nessun progetto. Nessuna sicurezza. Mille ettari di estensione, il più vasto parco urbano della città, un patrimonio ambientale dal valore inestimabile ma totalmente abbandonato al suo destino. La gigantesca macchia verde regala ossigeno tra Ostia e Roma, è amata e vissuta ogni giorno da un popolo variegato di podisti, ciclisti, famiglie e anziani. Una comunità che però deve convivere con il degrado assoluto che la avvolge.
Nello stesso metro quadrato dove giocano i bambini, fiorisce indisturbato il racket della prostituzione. Il mercato del sesso apre già al mattino. Mentre passano gli scuolabus, decine di squillo sono al lavoro su via della Villa di Plinio, la strada che lega Ostia alla Colombo. Una ogni dieci metri, tutte nigeriane, svestite, ammiccano agli automobilisti di passaggio: è sufficiente una telecamera per far scattare l’allarme. Un secondo dopo sono già al cellulare, spariscono nel bosco mentre i protettori iniziano la ronda a cercare chi dà fastidio al loro business. E quello che si lascia dietro questo mondo criminale è devastante per l’ambiente e il decoro. Un disgustoso tappeto di fazzoletti, sigarette e profilattici in ogni angolo, cumuli in cui inciampano i corridori. Ma guai a chiedere di rispettare i prati, si rischia grosso.
Nel labirinto verde di Castelfusano poi si nascondono intere città nella città, baraccopoli invisibili che prolificano tra i meravigliosi pini. Sono persino spariti i cinghiali, perché diventati si dice la cena degli sfollati. Accampamenti difficili da trovare persino per le forze dell’ordine, l’ultimo blitz è datato mesi. Una guerra persa in partenza: smantelli una tendopoli e dopo un’ora risorge in un altro punto dell’impenetrabile foresta. Un fenomeno talmente radicato che ha fatto scappare gli sportivi.
Ormai sono in pochi ad addentrarsi nel fitto della pineta, troppa la paura di incontri pericolosi, rapine e aggressioni si sono già registrati. Una resa totale a fronte dell’assenza di cura del parco, area protetta dal 1980, che da 21 anni ormai – in teoria - è inserita nella Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, in una parola più vincoli. Troppi gli enti coinvolti e comunque immobili: è urgente (da anni) il Piano di Gestione, ovvero regole e progetti, ma giace sui tavoli inter-istituzionali tra Campidoglio, Regione, Ente Riserva e ministero dell’Ambiente.
E intanto la pineta sta lentamente ma inesorabilmente appassendo. I cartelli indicativi sul patrimonio floro-faunistico crollano, i sentieri naturalistici non esistono. Nel 2000 il devastante rogo che avvolse Castelfusano l’ha segnata per sempre, una porzione ancora visibilmente vuota: mai ri-piantumati i pini uccisi.
Istituzioni Nessun progetto, niente interventi: ormai è terra di nessuno