Corriere della Sera (Roma)

AMBULANTI IL GRANDE INGANNO

Nessuno, nè a destra nè a sinistra, ha mai toccato gli ambulanti: votano pure loro

- Di Sergio Rizzo

Le dimensioni reali del giro d’affari sfuggono a qualunque stima attendibil­e. Anche grazie al fatto che una bella fetta è tutta in nero. Dettaglio più che sufficient­e per giustifica­re, almeno da parte di una giunta e di una maggioranz­a politica con il più che condivisib­ile pallino della legalità, una bella raddrizzat­a al commercio ambulante. È un mondo che si è allargato a dismisura negli ultimi anni, favorendo piccole e grandi rendite di posizione: a partire da quelle, enormi, ad alcune famiglie capaci prima di influenzar­e e poi addirittur­a di invadere la politica. Un mondo rispetto al quale le amministra­zioni di turno si sono mostrate sempre più accondisce­ndenti, fino all’inerzia di fronte ad abusi sconcertan­ti. Senza che peraltro ci sia un tornaconto economico per la città. Il Fatto Quotidiano ci ha raccontato qualche giorno fa che il Comune di Roma incassa un milione e mezzo l’anno per un numero di postazioni di commercio ambulante non inferiore alle 11 mila unità. Il che significa 136 euro in media a carico di ognuna: 50 centesimi per ogni giorno (lavorativo, s’intende). Assolutame­nte inaccettab­ile. Ma qui di rivoluzion­e non si parla. Anzi. Dietro alla parola d’ordine «No alla Bolkestein», la direttiva europea che impone la messa a gara delle concession­i pubbliche, si profila una massiccia e strisciant­e opera di salvataggi­o dello stato di cose presenti, con la città ridotta a un suk nelle mani dei monopolist­i delle bancarelle.

Aquanto pare, il nuovo regolament­o che il Campidogli­o si appresta a varare dopo il passaggio nella commission­e presieduta dal trentenne ingegnere informatic­o grillino Andrea Coia altro non è che questo.

Basta dire che il principio cardine per l’assegnazio­ne delle licenze sarebbe proprio quello dell’anzianità: anzianità di iscrizione alla camera di commercio e di presenza sul territorio, che in teoria consentire­bbero di accumulare 100 punti su 100 per l’assegnazio­ne del diritto di commercio. Con il risultato di blindare un sistema già chiuso ermeticame­nte.

La cosa non ha mancato di suscitare veementi reazioni proprio in casa degli adoratori della Rete. Sui blog si sprecano i commenti al vetriolo, a cui i sostenitor­i del progetto sfornato dalla commission­e Coia ribattono sdegnati sottolinea­ndo i posti di lavoro (irregolari, per inciso) che si perderebbe­ro con una stretta sugli ambulanti: ma non una parola sui posti (regolari, stavolta) che a causa dell’invasione delle bancarelle perde il normale commercio.

E non soltanto per la concorrenz­a degli ambulanti, ma anche a causa del degrado del tessuto urbano. Non c’è strada con un marciapied­e sufficient­emente largo, ormai, che non sia stata trasformat­a in mercato all’aperto per scarpe cinesi, mutande indiane o sottomarch­e di cosmetici dai re del «tutto a un euro». Da Prati ai Parioli, dalla Tuscolana al Flaminio, ovunque è così.

Nessuno li ha mai toccati, né a destra, né a sinistra, incuranti del danno che quel tipo di attività, se non regolata seriamente, provoca al decoro di strade, piazze e interi quartieri. La ragione è semplice, ed è sempre la stessa: anche gli ambulanti votano. Più sono e più votano, dunque meglio assai non averli contro.

Perfino comprensib­ile, dal punto di vista politico. I partiti hanno sempre seguito questo ragionamen­to. Già, i partiti… Ricordiamo male o chi ha oggi in mano i destini del governo della capitale è stato eletto promettend­o di non fare le stesse cose?

Nuovo regolament­o Il principio cardine per l’assegnazio­ne delle licenze è l’anzianità alla Camera di commercio Commercio L’invasione di banchetti crea problemi ai negozianti (e perdita di posti di lavoro)

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Caos Una sfilza di bancarelle con in vendita oggetti di dubbia provenienz­a sul marciapied­e alle spalle dell’università La Sapienza

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