Corriere della Sera (Roma)

Spalletti, l’ossessione del passato e non della vittoria

- Di Luca Valdiserri

La conferenza stampa di ieri dimostra che il problema del rapporto tra Luciano Spalletti e Francesco Totti è (stato) uno solo: l’allenatore è ritornato alla Roma con un carico insopporta­bile di «passato». La sua ossessione non era la vittoria, era il numero 10.

A Spalletti sono bastate poche parole per descrivere il bello di Totti: è stato un calciatore molto dotato, capace di vedere in anticipo la «giocata» sul campo. Ma non era un trascinato­re («Essere leader vuole dire donarsi al massimo agli altri e lui l’ha anche fatto, ma agli altri non è arrivato») e preferiva l’io al noi («Qui ci troviamo a dire sempre le stesse cose, cioè che la Roma non ha vinto niente e su questo ci sta anche quello che ha fatto lui. Anche questa può essere una chiave»). A chiudere, l’antipatico corollario dei rigori sbagliati e della testardagg­ine con cui voleva continuare a tirarli. La verità è che dei 7 rigori sbagliati nella stagione 2006-07 solo quello di Roma-Ascoli 2-2 ha portato via punti in un campionato dove la Roma è arrivata seconda a 22 lunghezze di distacco dall’Inter. Ma non c’è stato spazio per il ricordo dei 32 gol di Totti in quella stagione, arrivata dopo il grave infortunio e il Mondiale vinto.

Eusebio Di Francesco potrebbe essere la medicina migliore. Il suo ricordo della Roma, di Roma e di Totti è fatto di gioia e dello scudetto che Spalletti non solo non ha mai vinto da queste parti, ma non ci è mai arrivato vicino. Non è un caso che durante il periodo insieme - Spalletti allenatore e Di Francesco team manager il feeling tra i due non sia mai sbocciato.

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