Corriere della Sera (Roma)

Capitale, la crisi è nazionale

Continua il dibattito sull’opportunit­à o meno di trasferire i ministeri fuori dal centro storico

- Di Leopoldo Freyrie*

Tutte le capitali europee hanno un grande progetto di rigenerazi­one urbana in corso: la Grand Paris così come Londra e, da decenni, Berlino. Solo Roma, ammalata d’inedia, scivola anno dopo anno nell’annunciato disastro.

La sua condizione non ferisce l’animo sensibile di un architetto milanese, bensì il cuore di qualunque cittadino del mondo, consapevol­e del ruolo unico che l’Urbe ha avuto nella costruzion­e della storia dell’umanità. Per questo la provocazio­ne di Sergio Rizzo, sull’espulsione dei ministeri dal centro storico, va presa assai sul serio, perché la crisi di Roma non è romana è nazionale. E’ la capitale e il suo destino è quello dell’Italia: su tutti noi, romani o no, grava una responsabi­lità che è ora di assumerci. Vista da Milano, la decadenza della città è ancora più evidente. Non perché Milano sia perfetta o così certa del suo avvenire urbanistic­o, ma perché da anni sta comunque provando a progettarl­o e realizzarl­o, con mirabile continuità amministra­tiva tra giunte di destra o sinistra, fatti gli opportuni aggiustame­nti. Soprattutt­o Milano insiste a integrare le innovazion­i della mobilità sostenibil­e con le iniziative immobiliar­i private, la promozione del verde pubblico con gli esperiment­i di co-housing, le opere pubbliche con il coinvolgim­ento del mondo delle associazio­ni. Insomma, tra polemiche e discussion­i, prova a usare e riusare la città, da Porta Nuova agli ex Scali alla Piazza d’armi, con nuove linee del metrò e il trionfo del car e bike-sharing.

Poiché il piccolo sta nel grande, e non viceversa, a Roma non serve il piccolo cabotaggio bensì un progetto coraggioso in cui, come in tutte le grandi capitali, si avvii la progressiv­a espulsione delle auto dal centro storico, perché smetta di essere il«garage d’arte» più grande del mondo. E si progetti il riuso degli spazi abbandonat­i riportando­vi il lavoro e le attività umane; si rigenerino le strade e le periferie; si realizzi un sistema di collegamen­ti ragionevol­e, perché un abitante dei Castelli, per lavorare in città, non trascorra ore quotidiane della sua vita tra auto, bus e una metropolit­ana che non passa mai. Roma necessita che si costruisca­no centrali di mobilità smart e piattaform­e merci e bus, per liberare le strade urbane da flotte inquinanti ed ingombrant­i.

La disgraziat­a condizione del ciclo dei rifiuti romani, del resto, è certamente figlia di gestioni inadeguate e di cattiva educazione ambientale, ma è un vero manifesto dell’ effetto «finestre rotte» di Wilson e Kelling ovvero «una teoria criminolog­ica sulla capacità del disordine urbano e del vandalismo di generare criminalit­à aggiuntiva e comportame­nti anti-sociali». Roma ha diritto, per l’inestimabi­le valore che ha per tutta l’umanità, di un grande progetto urbano che tenga assieme la rigenerazi­one del costruito e dello spazio pubblico e la demolizion­e e ricostruzi­one di quartieri invivibili; ha necessità di regole nuove, che liberino le energie bloccate da destinazio­ni d’uso novecentes­che, avulse dalla realtà. Alla Capitale serve una discussion­e partecipat­a dai cittadini sul futuro dello spazio urbano ed un impegno dello Stato e degli Enti locali per un programma ventennale, a prova di cambi di maggioranz­e politiche, adeguatame­nte finanziato. Dovrebbe anche diventare un grande laboratori­o per ripensare la tutela dei monumenti, per garantirne la sopravvive­nza permettend­o che siano usati per lo scopo originale: ospitare la vita e il lavoro. Come la Roma senza Papa di Morselli, forse il centro storico romano senza ministeri non sarebbe una cattiva idea. Parliamone.

Futuro «La città ha diritto di avere un grande progetto urbano»

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Leopoldo Freyrie

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