Atac, il referendum per evitare il peggio
L’azienda di trasporto pubblico rischia il collasso: è ora di dare la parola ai cittadini
Il referendum promosso dal partito radicale sul trasporto pubblico consente ai cittadini di decidere sul problema più importante di Roma. Il monopolio Atac è ormai insostenibile per le finanze comunali ed è causa di malessere quotidiano della città.
Il ricorso alle gare europee è l’unico strumento che può abbassare i costi e quindi aumentare le percorrenze degli autobus e la qualità del servizio.
Come spesso accade nel nostro Paese, la discussione si è divisa tra favorevoli o contrari per motivi ideologici. È invece dirimente il modo: l’esito può essere molto positivo se le gare sviluppano l’interesse pubblico, così come molto negativo se si creasse un monopolio privato. È la differenza tra la liberalizzazione e la privatizzazione.
La liberalizzazione richiede la separazione tra le funzioni di regolazione - la rete, gli standard, le tariffe e gli impianti - e le funzioni di produzione - la guida dei mezzi e la manutenzione. Le prime costituiscono il valore sociale del servizio e devono rimanere sotto il controllo pubblico; le seconde invece sono attività industriali da migliorare mediante la concorrenza tra privati. Gli operatori che vincono i lotti delle gare, gradualmente uno per ogni deposito, devono fornire i servizi in base a costi, quantità e qualità definiti nei contratti, pena severe sanzioni da parte del Comune fino a eventuali rescissioni.
Icontratti garantiscono inoltre il posto di lavoro degli autisti e degli operai, ma non dei dirigenti; per ricostruire il principio di organizzazione oggi smarrito in Atac è necessario rinnovare il management.
Fondamentale è anche coinvolgere le formidabili competenze degli utenti. In autobus rimango spesso ammirato dei discorsi dei passeggeri sui percorsi, le frequenze e perfino i turni del personale. A Parigi e Berlino si legge il giornale senza pensare ai turni, la competenza dei romani è cresciuta come risposta al malfunzionamento. Forse ne faremmo volentieri a meno, ma visto che c’è, almeno metterla in comunicazione con l’azienda mediante le nuove tecnologie aiuterebbe il miglioramento del servizio.
La fine degli anni novanta vide a Roma la separazione tra regolazione e produzione, che furono destinate rispettivamente alle due nuove società Atac spa e Trambus. Per bloccare la liberalizzazione fu successivamente ricostruita un’azienda unica, la quale tornò presto a essere un grande calderone utilizzato poi da Alemanno per gli sprechi di Parentopoli. Il sindaco Marino ha conservato il monopolio e la sindaca Raggi lo ha sigillato, smentendo la promessa discontinuità.
Tuttavia, le leggi vigenti impongono nuove gare entro dicembre 2019. Addirittura scade l’anno prossimo il contratto già in gestione con i privati per la rete periferica. Il Comune si troverà presto con l’acqua alla gola: a causa della complessità e dei ritardi delle gare sarà costretto a prorogare i contratti per centinaia di milioni di euro, ma al tempo stesso non potrà farlo, perché il nuovo codice degli appalti vieta le proroghe immotivate. Si rischia il collasso, amministrativo oltre che finanziario, del servizio di trasporto pubblico. Se ciò sia frutto di inconsapevolezza o di cinismo, non saprei dirlo con certezza. Di sicuro sono molte le lobby che puntano a creare una grave emergenza per giustificare la svendita delle azioni dell’Atac. In questo scenario non ci sarebbe più tempo per la liberalizzazione, e l’unica soluzione disponibile sarebbe una privatizzazione disperata, come in passato è accaduto spesso in Italia (si veda il caso dell’IRI). Al monopolio pubblico si sostituirebbe un monopolio privato che prenderebbe possesso anche delle funzioni pubbliche - reti, standard e tariffe - e imporrebbe le sue regole al Comune. Ai cittadini verrebbe erogato un servizio scadente, senza tutelare neppure i lavoratori.
Per evitare il peggio occorre dare la parola ai cittadini con il referendum.
Il management È necessario rinnovarlo per ricostruire il principio di organizzazione Il referendum dare la parola ai cittadini è ormai indispensabile per evitare il peggio