«Another look»: l’Africa e le foto di Tamagni
«Another look»: giovani, mode e controculture La new Africa in mostra alla galleria Il Cembalo
Dai dandy congolesi di Brazzaville ai metallari cowboy di Gaborone, dai giovani ballerini di Johannesburg ai creativi di Nairobi e Dakar. Parlare d’Africa oltre gli stereotipi per raccontare mode e controculture giovanili che in molte realtà urbane del continente diventano strumento di affermazione individuale e rivendicazione politica e sociale. Attraverso le immagini di «Another look» in mostra fino al 16 settembre alla Galleria del Cembalo (Largo di Fontanella Borghese 19), Daniele Tamagni ritrae fenomeni di resistenza eccentrica e di rivendicazione della differenza attraverso la moda. L’identità delle fashion tribes è rappresentata in diversi contesti geografici in cui si è radicata una controcultura popolare che si ispira a quella coloniale e occidentale, sfidandola e reinterpretandola con creatività. Così le Disquette, giovani modelle senegalesi vengono fotografate di notte sotto le luci colorate della Dakar Fashion Week mentre si esibiscono in tutta la loro sfarzosa eleganza, con gioielli, cappelli, acconciature eccentriche e trucco pesante: una generazione degli anni ’80 e ’90, cresciuta con Internet e i viaggi accessibili, che vuole reinventarsi, affermarsi e osare di più. Oppure i fan della cultura pop sudafricana, come il gruppo dei Vintage Crew, ostentano un dress code contaminato da elementi «assurdi» come loro stessi li definiscono. «Conoscono la storia dolorosa del loro Paese, ma guadano avanti — sintetizza il loro messaggio Asanda Sizani, già fashion editor di Elle Sudafrica — si servono della moda come strumento per comunicare ciò che provano». E ancora gli Afrometals che intrecciano il loro destino con la storia di uno psichiatra italiano, Giuseppe Sbrana e della sua famiglia. Quando negli anni Settanta il medico si stabilisce in Botswana dove apre il più grande ospedale psichiatrico africano, i suoi figli, Ivo e Renato, creano il primo gruppo rock del Paese chiamato Nosey Road. Più tardi i nipoti Giuseppe e Sandra, detta Hurricane Sandy, fondano Skinflint, spostandosi dalla musica rock a quella heavy metal con una delle band più famose del Botswana. Oggi i metallari botswani sono molti e hanno grande successo: Tamagni li riprende con giacche di pelle nera, cinte, catene, borchie e cappelli in stile western. Una sorta di ibrido tra motociclista e cowboy impegnati nel sociale, soprattutto nella lotta contro l’Aids: «Pensiamo che la musica metal sia una forma di espressione che non ha paura di guardare la morte negli occhi — ha spiegato il cantante degli Skinflint Giuseppe — e questo può aiutare a trasmettere la brutalità assoluta della malattia».