Corriere della Sera (Roma)

Tano Grasso: il libro su Giovanni Falcone «è un’emozione forte»

- Natalia Distefano

È un vento che pizzica, irrita i nervi, quello in arrivo domani sera alla Casa Internazio­nale delle Donne con la presentazi­one dell’ultimo libro di Giovanni Bianconi «L’assedio. Troppi nemici per Giovanni Falcone» (Einaudi), inserita nell’ambito della rassegna «Venti d’estate» a cura dell’associazio­ne Doppio Ristretto. Perché ti soffia addosso il ricordo di un magistrato antimafia abbandonat­o a un destino maledettam­ente prevedibil­e.

«Leggerlo è stato un’emozione grande, dolorosa anche, come un pugno nello stomaco» racconta Tano Grasso, presidente onorario della Federazion­e Antiracket, che sarà presente insieme all’autore non solo per ricordare quel 1992 in cui Falcone saltò in aria a Capaci ma anche per riflettere su cosa è cambiato nella lotta alla mafia degli ultimi 25 anni. «Molto. Moltissimo», assicura, «sia nelle competenze e nei mezzi a disposizio­ne per contrastar­la che sul fronte della consapevol­ezza diffusa nella società civile. E questo lo dobbiamo a uomini come Falcone». Grasso lo ricorda bene: «Ci incontramm­o la prima volta nel 1991 durante una riunione al ministero di Grazia e Giustizia, in vista della formulazio­ne della legge antiracket. E quando mi elessero deputato, nel 1992, fu la prima persona che andai a trovare non appena trasferito a Roma. In quell’occasione percepii tutta la sua solitudine».

Stretto tra mafiosi e cecchini che lo ostacolava­no dall’interno della magistratu­ra e delle istituzion­i, vittima d’invidie e giochi di poteri, era «assediato» come spiega Bianconi nel suo ritratto scrupoloso e appassiona­to degli ultimi mesi di vita del giudice siciliano. Nel libro i documenti ufficiali si mescolano ai ricordi personali di colleghi e amici. Dichiarazi­oni processual­i, titoli di giornale, fatti, luoghi e nomi vengono assemblati con rigore giornalist­ico e montati come tasselli di un puzzle, fino a comporre l’immagine di un’Italia con poche luci, molte ombre e quelli che Grasso chiama «straordina­ri paradossi». «Non è paradossal­e che raggiunta la vetta della lotta alla mafia, ossia la sentenza del Maxiproces­so, si decise di sciogliere il pool?», provoca Grasso. Il racconto di Bianconi parte dai successi di Falcone – l’istituzion­e della Procura nazionale antimafia e il verdetto della Corte suprema di Cassazione che conferma l’esito del maxiproces­so – ma solo per svelarne il rovescio della medaglia. «Sapeva che i nemici avrebbero reagito – spiega Grasso – e da ogni fronte: Totò Riina e i suoi da un lato, e quanti volevano delegittim­arlo profession­almente dall’altro. Oggi questo avviene ancora e certe reazioni alla sentenza del processo Mafia Capitale in stile cannoli di Cuffaro mi preoccupan­o: negare l’ipotesi di associazio­ne mafiosa dietro il lungo elenco di crimini accertati non significa che la mafia non esiste, non è una vittoria per nessuno e non aiuta Roma a uscire dalla morsa criminale. Segno che l’Italia ha bisogno di libri come questo».

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