Corriere della Sera (Roma)

Tiburtino III, caccia ai bulli delle ronde Il rifugiato pestato: «Uno l’ho già visto»

L’eritreo dovrà essere operato. «Inseguito e preso a pugni dai razzisti»

- R. Fr.

«Mi hanno chiamato negro. Ho provato a far finta di niente, a camminare per tornare subito nel centro in via del Frantoio. Ma uno di quelli mi ha afferrato per un braccio, tirato contro la macchina e preso a pugni. Ora ho paura». Omar Alì Saad è un rifugiato eritreo di 40 anni in attesa di «relocation» in un altro paese. «A casa studiavo all’università. Sognavo di lavorare in Qatar, ma non ne ho avuto la possibilit­à e allora sono passato per il Sudan e la Libia per arrivare qui in Italia», racconta. Da otto mesi, dopo una massacrant­e e pericolosa traversata dalle coste libiche a quelle siciliane, è ospite della struttura della Croce Rossa al Tiburtino III da agosto finita al centro di proteste, scontri, manifestaz­ioni e la storia (falsa) della residente sequestrat­a dai migranti ma poi arrestata per furto ed evasione. La notte di mercoledì scorso Omar è stato aggredito in via Grotte di Gregna da quattro giovani su una berlina bianca. Un pestaggio razzista sul quale ora indagano i carabinier­i della compagnia Montesacro e del Nucleo informativ­o: c’è il sospetto che sia collegato alle ronde contro i rifugiati di via del Frantoio, annunciate a più riprese da alcuni movimenti di estrema destra. L’eritreo, ricoverato con 30 giorni di prognosi al «Sandro Pertini», ha riportato la frattura pluriframm­entaria dello zigomo e dell’orbita oculare destri. Dovrà essere sottoposto a intervento chirurgico, ma probabilme­nte sarà prima trasferito in un altro ospedale perché in quello ai Monti Tiburtini non c’è posto.

«Ero andato a trovare alcuni amici nel centro in via Staderini (Tor Tre Teste) - racconta Omar dal suo letto al pronto soccorso con l’aiuto di un mediatore culturale della Cri - e stavo tornando a piedi in via del Frantoio, quando mi sono sentito chiamare da alcune persone su un’auto, una Bmw o una Mercedes. Non ho capito bene quello che dicevano, parlo poco l’italiano, frequento un corso per impararlo, ma ho capito che mi dicevano “negro” e mi insultavan­o. Non ho risposto, sono un tipo tranquillo, speravo se ne andassero. Invece - aggiunge il rifugiato - hanno continuato a seguirmi. Poi in due sono scesi, mi hanno ancora chiamato “negro”. Mi hanno strattonat­o e alla fine uno - alto più di me (circa un metro e ottanta), giovane, indossava una felpa col cappuccio - mi ha dato un pugno in faccia. Sono caduto, ma ho anche trovato la forza di scappare. Ho perso una scarpa, ma non mi sono fermato fino a via del Frantoio». Ma Omar dice anche altro: «Quello che mi ha colpito l’ho già visto qui, in giro, fuori dal centro d’accoglienz­a». E Debora Diodati, presidente romana della Croce Rossa, conferma: «Ci sono gruppi che alimentano la tensione: speriamo facciano un passo indietro: il Tiburtino III non deve trasformar­si in un campo di battaglia».

L’allarme della Cri «Qui ci sono gruppi che alimentano la tensione: il quartiere non diventi un campo di battaglia»

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Tensione Una recente manifestaz­ione dell’estrema destra in via del Frantoio

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