La città degli «invisibili» accampati tra di noi
Vaticano, San Lorenzo, Villa Pamphilj, Mura Aureliane... Un tour nella disperazione del centro
Rispuntano catena e lucchetto sul cancello che sbarra l’ingresso alle serre moderne di Villa Pamphilj: fino a qualche giorno fa, era chiuso soltanto da due cordicelle legate alle ante. Gli inquilini del dormitorio da 3o posti letto, rom bulgari con biglietti aerei Sofia-Ciampino, rispondono così alle incursioni di cronisti e residenti che denunciano il degrado del parco. Gli abusivi si blindano con protezioni posticce dal valore, più che altro, simbolico: vade retro, state alla larga, il messaggio nemmeno troppo implicito nella serratura fai-da-te. Per forzarla basterebbe una cesoia, se non fosse che l’ultimo sgombero è del marzo 2015. «Dopo la tregua estiva è ricominciato il viavai — spiega Paolo Arca, presidente dell’Associazione per Villa Pamphilj — . Li abbiamo visti entrare con i trolley, segno che le strutture si stanno ripopolando».
Ed è sempre lì l’accampamento sulla collina del parco Sante De Sanctis, segnalato due settimane fa dal Corriere, con belvedere sulla tangenziale. Tende canadesi, materassi, sacchi a pelo riscrivono la fisionomia del paesaggio: da area verde a limbo della disperazione. Cittadella fantasma, paradossale nella sua immanente precarietà. Dove a raccontare «gli invisibili» è il lessico familiare degli oggetti: dai panni sudici stesi sugli igloo alla discarica che assedia gli alberi. Scampoli di vita cristallizzati nel qui e ora delle cose: presenze tanto più palesi, quanto più l’umanità scompare in quei bozzoli da Diogene degli anni Duemila. L’insediamento, che confina con un campo da basket frequentato dai ragazzi del quartiere, è a poche centinaia di metri dal cimitero del Verano e dalla stazione Tiburtina. Nella stessa zona, in largo Passamonti, sostano decine di camper e roulotte abitati da senzacasa: un altro camping fuori da ogni regola.
La mappa dei micro insediamenti è capillare: dai sottopassi ai lungotevere. Fino alle ville storiche e alle aree centrali. Accade, sempre più spesso, che le tende sorgano accanto ai monumenti. Le vedi all’Esquilino sotto l’arco di Sisto V, costruito nel 1585 per celebrare il completamento dell’acquedotto Felice; a ridosso delle Mura Aureliane e davanti all’Area Sacra in largo di Torre Argentina. Senza contare i giacigli di cartone disseminati ovunque: sotto i portici del palazzo occupato (ex sede dell’Inpdap) in via di Santa Croce in Gerusalemme o nei dintorni della stazione Termini. Piccoli agglomerati che, se finiscono per diventare stanziali, si organizzano in comunità. E i punkabbestia, che dopo ogni sgombero si riappropriano delle banchine lungo il fiume, non sono gli unici.
Da qualche mese un gruppo di homeless (tra loro anche un italiano) si è insediato con stendini, fornelli da campo e sacchi a pelo su lungotevere Vaticano, tra via Pio X e Castel Sant’Angelo, in una zona ad alta densità turistica. E in piazza della Città Leonina, a due passi dalla Porta di Sant’Anna, un’anziana dorme su una brandina. Fa il bucato nella fontana e stende la biancheria su due transenne di ferro. La sera, prima di coricarsi, se ne sta seduta su una poltroncina
In aumento i connazionali in strada dopo aver perso famiglie e lavoro
di plastica: di fronte, il palazzo dell’Apsa dove abitano numerosi porporati. Allontanati di giorno per motivi di sicurezza, col buio i clochard tornano in piazza San Pietro, vicino alla Sala Stampa e sotto il Colonnato. A Roma sono tra i 7 e gli 8 mila i senza fissa dimora, secondo le stime delle onlus che offrono loro assistenza: i due terzi vivono in ricoveri di fortuna (baracche, roulotte, spazi dismessi), gli altri all’aperto.
Negli ultimi dieci anni sono sempre più gli italiani che, dopo aver perso la famiglia e il lavoro, sono finiti in strada. Se i numeri sono stabili, non si registrano picchi significativi, la percezione che «gli invisibili» siano aumentati dipende dalla minore disponibilità di posti letto. E con l’arrivo dei mesi più freddi c’è il rischio che si ripresentino le criticità dello scorso inverno: per far fronte all’emergenza il Papa aprì la chiesa di San Callisto a Trastevere, mentre la Croce Rossa si offrì di ospitare 100 persone nella sua sede al Porto Fluviale per evitare che dormissero all’addiaccio.