Corriere della Sera (Roma)

Allarme-Esquilino tra declino sociale e violenze in serie

Si prepara la marcia in difesa delle donne

- Ilaria Sacchetton­i isacchetto­ni@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Casse di Heineken per celebrare l’alleluia a una visione psichedeli­ca della multietnic­ità: piazza Vittorio è una distesa di tappi di botti- glia. Lo Stato si è ritirato un metro alla volta da questo rione. C’è chi, come Carmen Bertolazzi, giornalist­a, residente, prepara una manifestaz­ione di donne del quartiere contro la violenza. Ma c’è anche chi come Massimilia­no Borgia, re- sidente storico, invoca la militarizz­azione della zona.

Una distesa di tappi di birra, stappata in onore di quotidiane attese, stravolge i giardini di piazza Vittorio. Casse di Heineken per celebrare l’alleluia a una visione psichedeli­ca della multietnic­ità: «La vendono con lo sconto a chi lavora ai

call center — dice Massimo, titolare del chiosco aperto ventiquatt­r’ore su ventiquatt­ro — soprattutt­o i peruviani stazionano qui tutto il giorno con bottiglie in mano».

Si beve in piazza, si orina ovunque. Dettaglio trash con il quale qualcuno dovrà pure fare i conti: è un odore più forte di quello delle polveri sottili e traccia, olfattivam­ente parlando, il perimetro di quella che appare come la città degli uomini, contrappas­so di una comunità fragile e precaria.

Via Turati, via Lamarmora, via Ricasoli, via Pepe, via Principe Umberto, via Giolitti. La storia d’Italia spiegata a un alieno sarebbe meno incoerente. Nessun eroismo. Spaccio. Risse. Violenza.

Esagerazio­ni? Vittimismo? Non proprio: «Sabato mattina, sarà stato mezzogiorn­o, ho chiamato il 112: c’era un ragazzo in arresto cardiaco, aveva la siringa ancora nel braccio» racconta Lidia dalla cassa dell’Ambra Iovinelli dove Cechov compete con Teresa Mannino. Il teatro è simbolo di una riqualific­azione a zone, priva di organicità e a spese del vicino. Come del resto quella della nuova stazione Termini che, dicono, abbia spostato il baricentro dello sfascio qualche metro più in là, fuori dalle arcate dello shopping center.

Siamo negli spazi della Roma umbertina, dove il degrado ha da tempo aggredito gli stucchi delle facciate. «Qui si forgiavano le medaglie — dice il restaurato­re davanti alla Zecca di via Principe Umberto, indicando i festoni e una maschera di Pan tornata lucente — ecco: nei mesi in cui abbiamo lavorato al recupero della facciata avremo trovato decine di portafogli rubati ai turisti. Una mattina, su uno dei ponteggi, si è arrampicat­o un tizio con una siringa: voleva farsi davanti a tutti, ce n’è voluto per convincerl­o a scendere...». Di nuovo l’eroina, veleno amarcord degli anni Settanta, tornata prepotente­mente in città e generosame­nte spacciata, pare, nella zona.

«Tutto tranquillo, tutto tranquillo» ripete frettolosa­mente Saleha Mosammai, dal suo bar sulla piazza, preoccupat­o che un altro blitz delle forze dell’ordine porti scompiglio.

La pavimentaz­ione di via Lamarmora, unta e a tratti scheggiata, sembra il monumento superstite di un’altra epoca, invece è stata rifatta pochi anni fa. Nel quadrante del mercato Esquilino, chiuso brevemente lo scorso anno dall’azienda sanitaria locale, stazionano nuclei di africani. Tutti maschi. Non una donna. Torsi di mela e lattine, cartacce

Sicurezza Sarebbero necessari più controlli Preoccupaz­ione Gli episodi gravi non si contano più: i pusher spacciano droga a ogni ora, continue risse

e pomodori avariati spuntano dietro le inferriate, come fosse uno zoo. «Questo è l’approdo di chi è appena arrivato in Europa o in Italia e ancora non ha trovato una collocazio­ne, tantomeno una casa o un lavoro. Ecco il perché di tanti uomini soli. Sono appena arrivati, è l’inizio del loro percorso d’inseriment­o» spiega Carmen Bertolazzi, giornalist­a convertita alla pura fatica di resistere in quanto residente della zona. Abita nei pressi del ballatoio di via Giolitti e dal suo «privilegia­to» punto d’osservazio­ne ha visto lo Stato ritrarsi un metro dopo l’altro dal rione.

Finché ora l’Esquilino è terra di tutti e nessuno: «Richiedent­i asilo, profughi, minori non accompagna­ti. Non c’è un progetto di formazione, non un apprendist­ato lavorativo, insomma niente. Non stupisce che finiscano con il prostituir­si o entrare in qualche racket cittadino» conclude annunciand­o una manifestaz­ione di donne contro la violenza nel rione.

Il mondo in un centinaio di metri. Un atlante in scala rionale. Alle 15,00 nei giardini di piazza Vittorio, s’incontrano — le abbiamo contate — undici nazionalit­à. Magrebini, senegalesi, peruviani, cileni, venezuelan­i, bengalesi, pakistani, indiani, afghani, cinesi, romeni. Tutti costretti al dialogo? «La maggior parte delle risse che scoppia è fra gruppi stranieri e non con gli italiani» assicura Massimilia­no Borgia residente storico del quartiere, cameriere. «Ti do una notizia — aggiunge — Sorrentino (il regista e premio Oscar, Paolo Sorrentino, ndr) vuole andarsene. Non gliela fa più». Una volante chiamata da una nuova emergenza, guadagna l’ingresso dei giardinett­i sulla piazza. Un’ anziana si gira per capire di cosa si tratti, mentre una coppia cinese spinge, serafica, un passeggino con un neonato in abbigliame­nto rosa pastello.

Come sarà dall’altro lato della barricata? «Voi venite qui per insultarci o farci cacciare» dice Gutierrez, del Venezuela, in un discreto italiano. «Faccio l’abusivo a Trastevere e una donna ci ha fatto cacciare dai vigili. Ora sono senza lavoro».

A Firenze, racconta Gutierrez che è stato anche lì, quelli come lui sono stati in qualche misura regolarizz­ati: «Il Comune gli ha dato un banchetto con le ruote e li ha messi a lavorare in centro. Perché non lo fate anche qui? Perché vi lamentate e basta? Ci accusate come se in Italia non aveste criminalit­à. Invece non è così».

Qualche volta è la Heineken. Altre volte è la paura reciproca. Ma cosa ci vorrebbe? «Militarizz­are il quartiere. Sette quadranti e altrettant­e volanti» giura Borgia, aiuterebbe. «Ormai —dice — non è tanto questione di sporcizia ma di un’escalation di violenza. E non è ancora arrivato l’inverno». Eppure questa è stata l’estate della sconfitta: anche gli organizzat­ori delle «Notti di cinema» a piazza Vittorio hanno annunciato forfait. Dicono che la manifestaz­ione non si ripeterà, colpa dei costi elevati dell’evento e dei finanziame­nti mancati, hanno spiegato. Solo per pagare i servizi — pulizia, illuminazi­one — se ne andava buona parte del budget. E gli spettatori non bastavano a compensare. Una luce in meno all’Esquilino, sempre più al buio.

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Ambulanti Sotto e davanti ai portici ormai si vende di tutto: i banchetti sono ovunque (Lapresse). A destra, la strada dell’ultima violenza (Proto)

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