«Le mie opere, un inno alla libertà»
Al Maxxi «Bird song», mostra personale del sudafricano Kemang Wa Lehulere
Quello di Kemang Wa Lehulere, vincitore del premio
assegnato dalla Deutsche Bank, è un Sudafrica nero, moderno, curioso e in cerca di un’identità coraggiosamente in dialogo col passato. Proprio come questo suo giovane artista, classe 1984, ossessionato dalla memoria e portavoce di una creatività «collettiva» fondata sulla contaminazione tra linguaggi, persone e storie. L’Africa da cartolina è stampata con i toni iconici dell’ocra bruciato sulla felpa floreale indossata ieri al Maxxi durante la presentazione della sua prima personale italiana, a cura di Britta Farber e Anne Palopoli (fino al 26 novembre). Mentre l’Africa che nessuno vuole ricordare, quella feroce dell’Apartheid, avvolge ogni opestanza ra di Wa Lehulere - nome non facile da pronunciare per un’arte non semplice da decifrare – e diventa la chiave di lettura di una mostra che assembla lavori su carta, video, sculture, incisioni sul muro, foto e installazioni. Linguaggi diversi ma complementari nel racconto della vita e dell’esplorazione artistica di Wa Lehulere.
vive nel rapporto a di- con Gladys Mgudlandlu, prima pittrice di colore a esporre in una galleria sudafricana negli anni ’60. «Era autodidatta e dipingeva soprattutto uccelli, da cui il soprannome
— spiega l’artista — ma non era il suo lavoro, faceva la maestra. Dopo la morte, nel ’79, fu dimenticata». Quando Wa Lehulere, cresciuto nel sobborgo di Gugulethu, scopre che anche la pittrice ha vissuto lì e che sua zia Sophia ricorda i murales nell’abitazione di Mgudlandlu, decide di cercarli. «Li abbiamo trovati e riportati alla luce – racconta – con un viaggio indietro nella memoria e nelle ferite della segregazione razziale». Al Maxxi trovano posto anche i dipinti di Mgudlandlu e i disegni di zia Sophia: «Sono parte del mio lavoro, che è sempre in relazione
Omaggio A Gladys Mgudlandlu, prima pittrice di colore a esporre in una galleria negli anni ’60 Contenuti Lavori su carta, video, sculture, incisioni sul muro, fotografie e installazioni
con gli altri», dice. Poi installazioni realizzate con vecchi banchi scolastici convertiti in casette per uccelli: «Un omaggio alla pittrice e un attacco alla scuola dell’Apartheid, strumento di controllo ideologico. Parlo dell’oppressione per comporre un inno alla libertà».