Lo Chagall per ripagare gli usurai
Ricatti milionari agli eredi del caffè Fantini e a un gallerista di Ripetta
Pretendeva un milione di euro da un erede della famiglia Fantini. Un debito in 7 cambiali protratto nel tempo, al centro di una battaglia legale fra il padre, il costruttore Vittorio Tosoni, coinvolto in passato in alcune indagini per usura e scomparso nel 2013, e gli amministratori della famosa azienda di torrefazione. Per ottenerne il saldo Augusto Tosoni, 45 anni, non ha esitato a minacciare sia l’erede sia la compagna, con frasi abbastanza esplicite: «Vedo che ti sei fatto una bella famiglia, io cedo il credito a terzi e ci pensano loro a riscuotere», facendo riferimento «a soggetti di malaffare», sottolinea il gip Giovanni Giorgianni, che ha ordinato l’arresto del quarantenne, ora ai domiciliari, ai carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci. Il giudice ha considerato il comportamento di Tosoni «sintomo di abitudine e di non comune scaltrezza nel delinquere», in uno scenario di «vicende criminose reiterate e compiute con professionalità criminale».
Una storia complessa iniziata più di vent’anni fa, con un prestito di 720 mila euro concesso da Vittorio Tosoni- al quale la Finanza sequestrò 50 opere d’arte in un’indagine per usura nella sua casa a corso Trieste e in un garage di via Gregorio VII - e una scrittura privata fra quest’ultimo e l’allora amministratrice dell’azienda Enza Fantini per la cessione al costruttore (con un «fittizio contratto preliminare di compravendita» spiega sempre il gip) per un milione e 800 mila euro (la stessa cifra per il saldo del debito) dello stabilimento della ditta in via di Portonaccio. Con il passare degli anni si è arrivati a oltre quattro milioni di euro di debito e sul piatto sono finiti due terreni in via Acerenza, zona Quarto Miglio, e a Paliano (Frosinone). Valore totale più di un milione. Per i Fantini così il conto era chiuso, ma i Tosoni arrivarono a denunciarli per truffa sostenendo di non essere mai entrati in possesso dell’edificio al Portonaccio.
A febbraio scorso però la controdenuncia dei re del caffè con l’accusa di essere stati minacciati, che ha portato all’arresto del figlio del costruttore. Ma i carabinieri hanno scoperto altro. In un’intercettazione è saltato fuori il nome di un gallerista vicino via di Ripetta, vittima di usura anche lui (come ha confermato nella denuncia), al punto da pagare i suoi debiti con Tosoni figlio con opere d’arte. Dipinti di Carl Chagall - come «Le fiancés au baldaquin» -, Fernando Botero e Mario Schifano. Sullo sfondo anche un Canaletto da mezzo milione di euro, forse lo stesso faceva parte della collezione privata di Tosoni padre. Ma in questo caso il gip Giorgianni non ha riscontrato elementi sufficienti per contestare l’usura al quarantenne pur riconoscendo che le vicende denunciate dal gallerista «danno la misura della pluralità di attività di finanza privata portate avanti con la stessa tecnica: scritture fittizie per coprire esborsi di denaro, minaccia di cessione del credito a soggetti di malaffare, con la contestuale promozione di azioni penali e civili, fino all’istanza di fallimento». E le indagini proseguono.