Una partita durata 5 sindaci per aprire lo store di lusso
Commozione, pacche sulle spalle, complimenti e soddisfazione. A undici anni di distanza dal primo scavo, la nuova Rinascente di via del Tritone aprirà, oggi alle 12, le porte alla città con una grande festa in musica che, tra manichiniscultura iperrealisti e top brand da tutto il mondo, intratterrà il pubblico tutto il giorno, dall’omaggio a Ennio Morricone fino alle danze pop di Francesco Gabbani e una performance di Beppe Fiorello. Attesi anche il sindaco Virginia Raggi e il prefetto Paola Basilone.
«E’come vincere 10 Super Bowl», ha detto l’amministratore delegato Pierluigi Cocchini. «Una sfida faticosa, accompagnata da lunghi e tortuosi percorsi burocratici», ha aggiunto il presidente di Rinascente Vittorio Radice. Accanto a loro mister Tos Chirathivat, ceo di Central Group (società thailandese proprietaria del brand), anche lui visibilmente emozionato.
Una perseveranza diluita nel tempo da legare, forse, proprio a un’attitudine orientale. Il progetto, infatti, che oggi raccoglie consensi e apprezzamenti anche per una buona dose di «lungimiranza», con 250 milioni d’investimento e 1850 giorni di cantiere, nello scavalcare la decade, è stato costretto a sostare nelle sale d’attesa di cinque sindaci e pagare 24 milioni di euro di oneri concessori, forse la cifra più alta che il Paese ricordi.
E’ vero, all’interno della struttura è stato portato alla luce un importante sito archeologico con l’Acquedotto Vergine inaugurato da Augusto e una Domus del IV secolo. Impegnativo anche il lavoro di numerose équipe di architetti per far dialogare in modo raffinato e innovativo antico e contemporaneo, passato e presente. Ma undici anni sono davvero tanti, una dimensione temporale che a stento possono capire gli italiani, una quantità di tempo «intraducibile» e ingiustificabile per qualsiasi investitore internazionale che volesse «fare impresa» nella nostra città.
Di fronte a queste cifre, a questi dati «reali» che parlano più di tanti e approfonditi studi di economia e business, forse sarebbero necessarie delle riflessioni da parte di tutte le istituzioni coinvolte per poter restituire a Roma la sua naturale vocazione di polo attrattivo per investimenti di qualità.