OSTIA, UNA PROVA PER RAGGI
Venticinque anni fa un pezzo di Roma se ne andava con la nascita del Comune di Fiumicino. Alcuni anni dopo l’autonomia fu festeggiata con l’inaugurazione della nuova sede municipale progettata da un grande architetto, Alessandro Anselmi. Da tempo quella parte di territorio denunciava la negligenza del trattamento ricevuto dal Campidoglio e alla fine, con un referendum, ci fu il divorzio. Ora, con le elezioni del 5 novembre, a Ostia qualcuno ripropone il referendum per l’autonomia di 250 mila romani, così come accadde nel 1990 quando prevalse la spinta a restare uniti. L’idea dell’indipendenza da Roma è giustificata dallo stato di abbandono in cui versa anche la parte marina della città. Così come Fiumicino ha migliorato le condizioni del proprio territorio, anche Ostia potrebbe, con l’indipendenza, avere giorni migliori. Ma c’è qualcosa che impedisce questa prospettiva: l’anno scorso la sindaca Raggi ha raccolto a Ostia, al ballottaggio, il 76% dei consensi. E i suoi sostenitori, appena un anno dopo, non possono voltarle le spalle sostenendo una lista che propone un referendum per staccare il litorale dal Campidoglio. Il voto, dopo oltre due anni di commissariamento (per mafia) , sarà polarizzato in due direzioni la fedeltà degli elettori Cinquestelle alla Raggi e la comprensibile voglia di autonomia dal Campidoglio che da tanti anni si registra a Ostia. Se prevalesse il malcontento ne scaturirebbe un «effetto Domino» che potrebbe riguardare diversi Municipi.