Haber e Lante Della Rovere, il dramma di un padre e di una figlia
«Il padre», ma non è quello di August Strindberg. Qui si parla di Alzheimer. Alessandro Haber è protagonista del testo di Florian Zeller, all’Ambra Jovinelli dal stasera al 19 novembre con la regia di Piero Maccarinelli, produzione Goldenart. Una pièce recentissima, del 2012, scritta da un giovane autore (Zeller è nato nel 1979), e che affronta un tema attualissimo: la malattia della terza età.
Andrea, il personaggio impersonato da Haber, è un uomo molto attivo nonostante gli anni, ma mostra i primi segni di un decadimento che fa sospettare il famigerato morbo. Sua figlia Anna (Lucrezia Lante Della Rovere) è molto legata a lui, ma il progredire incessante e inesorabile della malattia fa precipitare la situazione.
«La maggior parte delle persone colpite dall’Alzheimer ha un’età molto avanzata - spiega Haber - ma Andrea è un uomo ancora pieno di energie, di forze anche sessualmente, non è un vecchio cadente che si trascina ed è questo l’aspetto più inquietante, perché da un tipo del genere non te lo aspetti. Così come non ci si aspetta che un giovane di trent’anni possa avere un infarto».
Il problema più grosso è anche e soprattutto per i familiari, in questo caso la figlia. «Certo, perché chi è colpito dalla malattia non si rende conto del suo stato, mentre chi gli sta vicino se ne rende conto eccome! Il mio personaggio è una specie di dottor Jekyll e mister Hyde, ha una doppia personalità: in certi momenti è lucidissimo, assolutamente padrone di se stesso, in altri invece diventa cinico, persino brutale, capace di offese terribili, come se non avesse più freni inibitori. A volte è l’uomo di sempre presente a se stesso, a volte si smarrisce come un bambino: non è più in grado di fare un discorso sensato, non ricorda più il suo passato...». Haber ha mai conosciuto persone che soffrono di Alzheimer? «Per fortuna non in famiglia, ma ho conosciuto la mamma di un collega: credo sia davvero atroce una madre che non riconosce più suo figlio. Il vero guaio - continua l’attore - è che forse questo morbo esisteva anche molti anni fa, solo che si moriva prima, non c’era l’aspettativa di vita attuale, nei tempi andati a sessant’anni eri già un vecchio prossimo alla morte, oggi si arriva a cento anni! Ecco che allora il problema è diventato preoccupante. E posso assicurare che ogni sera, mentre recito questo dramma, mi identifico profondamente nel personaggio, mi trasferisco dentro di lui, nella sua anima, ho una sorta di transfert e mi commuovo veramente».