Al Piccolo Eliseo «La paranza» di Roberto Saviano
Al Piccolo Eliseo debutta stasera «La paranza dei bambini» da un romanzo dell’autore di «Gomorra» Protagoniste del testo sono le gang di minorenni che combattono per conquistare la supremazia in città
Roberto Saviano da stasera al Piccolo Eliseo, come autore de
La paranza dei bambini: un suo romanzo di successo, prima di diventare teatro, con la regia di Mario Gelardi che ha collaborato alla trasposizione. Bacio feroce ne è il seguito. Dal testo alla scena, quali cambiamenti?
«Il lavoro ha una sua autonomia rispetto al libro. Il regista e gli attori hanno messo in scena una visione teatrale di ciò che loro stessi vivono quotidianamente. La Sanità, il quartiere dove ha sede il teatro, è un quartiere assediato: assediato dalle nuove paranze, assediato dalle vecchie famiglie e presidiato dalle forze dell’ordine. In questi giorni, dopo lo scontro a fuoco tra minorenni nella “zona dei baretti”, la città è di nuovo sotto assedio. La stampa locale ne parla, quella nazionale se ne occupa in modo marginale, e il fenomeno è relegato a rissa tra comitive».
Crede ci sia una sottovalutazione colpevole?
«Litigi, rissa: con pistole e coltelli? A Napoli ci sono minorenni che hanno disponibilità di armi vere. Questo, secondo me, merita spazio, approfondimento, dibattito e presa di posizione. Invece sembra proprio che minimizzare convenga a derubricare l’accaduto come “litigio tra minorenni”». Cosa c’entra Shakespeare? «Le dinamiche che gli attori del Nuovo Teatro Sanità mettono in scena sono universali. Potere, odio, amore, riscatto, vendetta, morte».
Le responsabilità delle madri degli adolescenti?
«Domanda difficile questa, perché le donne a Napoli, e al Sud in generale, portano sulle loro spalle un peso quasi insostenibile. E lo portano da sole, perché le istituzioni sono completamente assenti. So che questa mia affermazione farà arrabbiare molti, ma a Napoli il modello scuola non funziona, e quando funziona è solo grazie al lavoro titanico di professori e dirigenti illuminati. E le famiglie, le donne, devono farsi carico di tutto». Quindi? «Sole e senza strumenti, spesso propongono ai figli modelli irraggiungibili: modelli vincenti. Espressioni che si sentono spesso come “Picchia prima di essere picchiato” e “avrai successo nella vita” sono menzogne dette a fin di bene, che descrivono un mondo che non esiste. Le madri dovrebbero essere supportate in quello che è da sempre il lavoro più difficile del mondo: educare. E dovrebbero insegnare ai figli anche a fallire». Quali soluzioni indica? «Scuola, scuola, scuola. A Napoli le mense scolastiche partono sempre con estremo ritardo. I dati sulla dispersione scolastica sono in drammatica ascesa. Basta leggere l’ultimo Atlante dell’infanzia a rischio di Save the children (Treccani) per capire la gravità della situazione. Fino a quando la scuola non sarà una priorità vera, fino a quando resterà uno strumento di pressione politica, fino a quando al centro non saranno alunni e studenti, non ci sarà soluzione».
La accusano di calcare la mano sul peggio...
«Lo fanno perché non hanno il coraggio di dirmi: non raccontare. E invece la conoscenza è lo strumento che mette in atto un cambiamento. La mia ossessione è raccontare come funziona il potere criminale. Chi ha visto la serie Gomorra sa che non può esserci emulazione possibile». L’Italia vista dal suo esilio. «Mi piace pensare che sia un’utopia fallita. Ma in fondo le utopie non falliscono mai. E
Conoscenza La mia ossessione è raccontare come funziona il potere criminale
dunque mi piace pensare che possa ritrovare, per iniziare, una reale affezione per la politica, comprendendo che soluzioni non esistono: esistono problemi sui quali ragionare».