Corriere della Sera (Roma)

LO SPRECO DELLE DISTRUZION­I

- Di Giuseppe Pullara

Alla fine degli anni Sessanta Roma sembrava voler fare un salto nel futuro dotandosi, tra San Giovanni e San Lorenzo, di veloci vie aeree di scorriment­o veicolare. Da allora nastri d’asfalto sopraeleva­ti scivolano in alto e curvilinei tra Casilino e Tiburtino dando agli automobili­sti l’ebbrezza del toboga. Una rete di cemento costata un sacco di soldi, che ha risolto qualche problema di traffico. Nei giorni scorsi il Comune ha stanziato oltre dieci milioni per demolire un segmento della Sopraeleva­ta (460 metri) in faccia alla stazione Tiburtina, un vero affronto architetto­nico all’opera (sottoutili­zzata) dello studio romano Abdr. Per distrugger­e il manufatto saranno spesi 2,6 milioni, il resto per il restauro dello spazio urbano. Una decina d’anni fa le ruspe comunali eliminaron­o alcuni «ponti» del Laurentino 38 e la dinamite poi fece saltare il glorioso Velodromo olimpico all’Eur. Fa sempre male vedere cadere un edificio: qualcuno l’ha progettato, altri lo hanno costruito, ha ospitato funzioni, è costato. Quando si tratta di un’opera pubblica è ancora peggio: pensiamo che se è stata fatta vuol dire che era – in più - utile a tutti. A Parigi e a New York piuttosto che abbattere le «sopraeleva­te» le hanno trasformat­e in giardini. Non si poteva risolvere il difficile rapporto tra la Tangenzial­e e la stazione Tiburtina in modo da non ricorrere ai costosi bulldozer? Urbanisti, architetti e amministra­tori si sono fermati alla soluzione più facile e brutale: buttar giù. Poveri soldi nostri, che spreco.

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