Clochard ucciso dagli stenti davanti alla stazione
Tragedia a Tiburtina. Tre vittime in 15 giorni
Polemica L’attacco di S.Egidio «Rifugi notturni carenti, bisogna essere più sensibili»
Anche lui stava dormendo. O forse stava cercando di dormire, pensando piuttosto a difendersi dal freddo che sebbene non particolarmente pungente - giovedì sera ha toccato i nove gradi, molti di più degli 1-2 d’inizio anno - gli era ormai entrato nelle ossa.
Ionut State, romeno di 30 anni, era uno dei disperati che aveva trovato un riparo nel piazzale della nuova stazione Tiburtina. Solo a poche centinaia di metri, a ridosso del cimitero del Verano, altre decine di senza tetto da mesi dormono in un parco pubblico con tende e baracche. Una bidonville segnalata fin dall’estate scorsa, insieme con numerosi giacigli sui viadotti della tangenziale est. Ionut, del quale si occupava anche la Comunità di Sant’Egidio, che nei prossimi giorni organizzerà i suoi funerali, è stato trovato morto nella prima serata di giovedì. A stroncarlo un malore, probabilmente aggravato dal freddo, è vero, ma soprattutto da condizioni di vita difficili per chiunque, oltre a una salute evidentemente compromessa. Ma quello che preoccupa e indigna, ancora una volta, è che il romeno sia volato via da solo, senza che nessuno se ne accorgesse. Lo ha fatto un altro clochard che ha dato l’allarme, anche se ormai era troppo tardi. E così da Natale a oggi sono già tre i senza tetto morti per strada, tutti stroncati da malori. Prima di Ionut è toccato a un quarantenne marocchino appena dimesso da un ospedale e tornato a dormire sotto ponte Duca d’Aosta, davanti allo Stadio Olimpico (lo hanno trovato ancora rannicchiato nel suo sacco a pelo), e una clochard ucraina di cinquant’anni che pochi giorni fa è stata scoperta riversa a terra nel parco giochi del parco di via Val d’Ala, ai Prati Fiscali. «È inaccettabile che ogni inverno si ripeta la stessa tragedia perché la vera emergenza non è il freddo, ampiamente prevedibile in questa stagione, ma l’isolamento e l’indifferenza», spiegano da Sant’Egidio lanciando un appello alle istituzioni affinché «siano più sensibili e allarghino la loro rete di protezione sociale, a partire dai rifugi notturni, ancora oggi carenti. E gli italiani - aggiungono - facciano la loro parte fermandosi di fronte a chi ha bisogno e offrendo il loro aiuto, che spesso può significare una svolta: l’esperienza di molti anni di amicizia con i senza dimora ci ha dimostrato che, con un accompagnamento, dalla strada - e dalle difficoltà della vita - si può anche uscire».