Elio Pandolfi, a 92 anni principe per Oscar Wilde
L’attore, 92 anni, sul palco della Filarmonica nel testo «Il principe felice» di Oscar Wilde
Novantadue anni all’anagrafe (tra pochi mesi), di cui una settantina passati sui palcoscenici dei teatri, davanti alle macchine da presa del grande e piccolo schermo, ai microfoni della radio e nelle cabine di doppiaggio.
Elio Pandolfi ha attraversato con delicata ironia e incontenibile passione ogni cassetto del grande contenitore del mondo dello spettacolo. Macinando più successi che rimpianti, e riservando il ricordo più dolce di una carriera straordinaria — partita nel 1948 come mimo-ballerino in un’opera di Milhaud — per
Mi racconti una fiaba?. Un programma radiofonico della Rai in cui leggeva favole raccolte in ogni angolo del mondo, che alla fine degli anni Ottanta lo portò (com’era prevedibile) nei cuori dei più piccoli. E in quelli (a sorpresa) di emigrati, tassisti e autisti di tir. «Pizzaioli italiani in Germania, autisti di camion o di taxi in servizio la sera nelle grandi città desolate — racconta Pandolfi — ricevevo da loro centinaia di lettere. E poi naturalmente i bambini. Insomma, fu un’esperienza fantastica che mi fece capire a fondo il valore e la potenza delle favole. Quella che racconto oggi è la mia preferita, mi ha strappato l’anima».
Si tratta di una fiaba di Oscar Wilde del 1888, Il Principe felice, che l’attore porta in scena alla Filarmonica Romana con l’accompagnamento al pianoforte di Marco Scolastra. Sul palco la storia dell’amicizia tra una rondine e la statua di un principe, ricoperta di foglie d’oro e pietre preziose, che dall’alto del suo piedistallo vede la miseria della città e chiede all’uccello di spogliarlo dei gioielli che lo adornano per donarli a chi ne ha bisogno.
«Di una tenerezza disarmante — commenta Pandolfi — e capace di accendere i miei ricordi d’infanzia, quando le rondini ancora volavano nei cieli di Roma e facevano compagnia con il loro festoso cinguettare. Mio padre era il custode dell’Istituto Gioberti e la mia famiglia viveva lì. C’era un’enorme terrazza sul tetto e ogni 21 marzo correvo lassù per sentire le rondini annunciare la primavera. Quando qualcuna di loro perdeva il volo la raccoglievo unendo le mani per farla rivolare. Invece da tanti anni è inutile aprire le finestre e aspettare le rondini. Sono sparite, così come la professione d’attore che intendo io». L’appuntamento alla Filarmonica vive tra ricordi personali e lettura, avvolta dalle note di Edward Elgar, Benjamin Britten e Carl Nielsen scelte da Scolastra. «Il mio futuro è ristretto — conclude Pandolfi — ma posso dirmi felice, un po’ come il principe di Wilde».