COLOSSEO, MINIERA IN ATTESA
Già si sapeva da settembre, ma la conferma indubbiamente colpisce e impressiona: il Colosseo resta la grande star del nostro patrimonio storicoartistico nazionale. I critici parleranno di mercificazione e di attenzione puntata sull’economia, ma l’Anfiteatro Flavio ha superato nel 2017 i sette milioni di visitatori, ed è un dato inoppugnabile. Da solo, rappresenta il 14 per cento degli ingressi nei musei statali italiani, che a loro volta hanno superato l’inedita quota dei 50 milioni. Si tratta, per il Colosseo, di un solido 10 per cento in più rispetto al 2016. L’anno scorso gli incassi del Colosseo arrivarono a 45 milioni di euro ed è facile immaginare che stavolta si superino i 50 milioni.
Il neonato Parco Archeologico del Colosseo, affidato recentemente ad Alfonsina Russo dopo una selezione internazionale, ha piena autonomia contabile, scientifica, amministrativa e finanziaria con la riforma Franceschini.
E sarà interessante capire come (e dove) la nuova dirigenza orienterà sia la massa dei turisti che gli incassi. Le crescite esponenziali rappresentano sempre un momento di crisi: e una simile ricchezza numerica dovrà coniugarsi con la tutela, lo studio, la ricerca. Ma dalle sue prime dichiarazioni Alfonsina Russo ha fatto capire che questa sarà la sua scommessa.
Roma, dunque, può contare su un bene che non conosce crisi: l’offerta turistico-culturale.
Castel Sant’Angelo, nonostante un -6% di ingressi rispetto al 2016, continua ad attirare 1.155.244 visitatori. La splendida Galleria Borghese, anche con gli obblighi legati all’inevitabile numero chiuso, vanta un solido +8.42% con 569.042 ingressi. Il Museo Nazionale Romano, con una lieve flessione dell’1%, ha comunque avuto 333.555 visitatori. Ostia Antica ne ha totalizzati 311.379. Allargandoci poi all’hinterland, ecco i successi di Tivoli. Villa d’Este svetta con un +4% e approda a 461.037 ingressi, Villa Adriana con un +5.7% ne assicura 242.964. A tutto questo va aggiunto il record complessivo del Lazio, che nel suo insieme (ovviamente grazie soprattutto a Roma) guida la classifica delle regioni più visitate con 23.047.225 presenze.
Cifre clamorose, che meriterebbero un’attenta analisi congiunta, per esempio, tra i vertici del Lazio (attuali e futuri), il Campidoglio e l’Area metropolitana. Perché sono numeri che, da soli, farebbero invidia a un intero sistemaPaese. Ma incredibilmente, nella Capitale d’Italia, manca ancora un sistema-città. Non è mai stata varata, per esempio, una cabina di regia cittadina che possa coordinare le varie iniziative che nascono nei musei statali, in quelli capitolini e nell’offerta privata. Molte mostre temporanee rischiano di apparire ripetitive, per esempio. E gli intollerabili egoismi burocratico-amministrativi (inutile qui stare a calcolare colpe storiche) impediscono una collaborazione tra Stato e Campidoglio che, in altre nazioni europee, sarebbe materia da tempo ampiamente scontata.
Ma siamo a Roma, e così capita che l’area archeologica centrale continui a essere frazionata, per competenze, tra l’amministrazione comunale e quella statale, con due diversi sistemi di sbigliettamento. Così come capita che il Comune ricorra (perdendo) contro il ministero per il riassetto dell’area del Colosseo. Il Campidoglio ha reso gratuito ai romani l’ingresso nei 21 musei comunali (con una tessera annuale di 5 euro), ma questo non basta a rendere unica e compatta l’offerta culturale cittadina. Una prova? Il Comune ha deciso di battersi contro il ticket di 2 euro deciso per il Pantheon. Di nuovo un duello tra due realtà pubbliche.
Se Roma riuscisse finalmente a superare certi inaccettabili particolarismi, riaprendo un canale costruttivo tra Stato e Campidoglio, diventerebbe un imbattibile competitor internazionale sul piano dell’offerta turisticoculturale. Nonostante tanta miopia, il turismo internazionale continua a cercare Roma. Figuriamoci se si riuscisse a «fare sistema», come tanti autorevoli economisti della cultura suggeriscono. Ovviamente nel solo interesse della nostra splendida città, e del suo futuro.