Atac, oltre 100 milioni di crediti non esigibili
Concordato, tagli a chi aspetta i soldi
Atac, è corsa contro il tempo per chiudere il dossier che, il 26 gennaio, dovrà approdare in tribunale. Se non fosse che, nella stesura del piano economico-finanziario, spuntano nuove grane: l’advisor ha scovato poco più di 100 milioni di crediti non esigibili. Tradotto: soldi che la municipalizzata pensava di poter incassare, ma dei quali dovrà fare a meno. Per superare l’ennesimo intoppo, si è deciso di ridurre di qualche altro punto le somme da restituire ai creditori.
Corsa contro il tempo per chiudere il dossier su Atac che, tra una settimana, finirà sul tavolo del giudice fallimentare. I tecnici negli ultimi due giorni hanno lavorato senza tregua al piano economico-finanziario, sul quale si fonda la strategia di risanamento spalmata sui quattro anni di concordato. Se non fosse che, mercoledì, l’advisor economico ha evidenziato un problema: circa 100 milioni di crediti non esigibili che la società pensava di poter riscuotere, ma ai quali dovrà dire addio.
La scoperta ha innescato nervosismo negli uffici di via Prenestina, in subbuglio da mesi per la procedura in tribunale che molti considerano un azzardo.
La soluzione per superare l’impasse, trovata al termine dell’ennesima riunione fiume, prevede un’ulteriore riduzione della somma restituita ai creditori: sia sulla quota in denaro sia sulle obbligazioni. Più si avvicina il D-Day, il 26 gennaio la documentazione dovrà essere presentata al magistrato, più monta lo scetticismo sulla strada intrapresa per il salvataggio di Atac: «Aumentare la falcidia, fosse anche di qualche punto — osservano gli insider che seguono con apprensione la partita del concordato — non è certo un buon segnale in un piano che è già lacrime e sangue». Ma a destare perplessità è anche la scelta di mettere in vendita il patrimonio immobiliare della società al 100 per cento del Campidoglio, con il veto sul cambio di destinazione d’uso (i Cinque stelle si sono sempre detti contrari alla trasformazione degli immobili in abitazioni o attività commerciali). «Senza la variante urbanistica — sottolinea un profondo conoscitore delle dinamiche aziendali — l’offerta rischia di essere poco appetibile e di non produrre i risultati sperati. Prendiamo la rimessa di piazza Bainsizza: così com’è sul mercato potrebbe fruttare al massimo 5-6 milioni, se invece l’area diventasse edificabile potrebbe valerne anche 80».
Nel frattempo, la tensione che si respira in via Prenestina lambisce le stanze del Palazzo. La conferenza dei capigruppo, che si sarebbe dovuta tenere ieri, è stata sconvocata per slittare alle 16 di oggi. Il pressing si è fatto sentire anche nelle chat tra assessori. Il responsabile delle Partecipate, Alessandro Gennaro, avrebbe voluto riunire la giunta nel pomeriggio, ma più di un collega ha chiesto di accelerare: «È troppo tardi, dobbiamo anticiparla alla mattina». E alla fine sarà così: «Faremo tutto il possibile, siamo in un meeting continuo per finire in tempo». Già, perché mentre la clessidra scorre, dopo il confronto nell’esecutivo il piano economico-finanziario dovrà essere valutato dalla commissione congiunta Bilancio-Mobilità, per approdare infine in aula Giulio Cesare. Il tutto in meno di una settimana, se si considera il weekend. «Restano i rilievi del Garante della concorrenza e del mercato e del segretariato generale sulla proroga dell’affidamento in house — insiste la consigliera dem, Ilaria Piccolo — . Speriamo almeno che ci sia spazio per il dibattito politico».