IL GOTHA DEL CINEMA E BERGAMO
Non è tanto importante il numero dei nomi del cinema italiano che chiedono le dimissioni dell’assessore capitolino alla Cultura, Luca Bergamo, e del vicepresidente della Commissione Cultura. È la qualità delle firme ad assumere significato: due premi Oscar, Bernardo Bertolucci e Paolo Sorrentino. Il direttore della Mostra del cinema di Venezia, Alberto Barbera. E poi Gianni Amelio, Francesca Archibugi, due grandi produttori, Carlo Degli Esposti e Lorenzo Mieli, e Corrado Guzzanti. Non era mai capitato a Roma, nemmeno sotto le giunte democristiane, che i personaggi più internazionalmente noti del cinema chiedessero il disimpegno di chi amministra la cultura dal Campidoglio. Qui non ci interessa riaprire il dibattito su piazza San Cosimato o sui ragazzi del Cinema America. Importa sottolineare la voragine che si è aperta tra chi nella Capitale onora col proprio lavoro la grande tradizione del cinema italiano e chi siede in Comune. Quel baratro è stato scavato da una incapacità «politica» (nel senso di «polis», comunità, non certo di schieramento partitico) di amministrare col confronto, col dialogo, con l’ascolto e anche col dubbio sulle proprie scelte. Altrimenti non si sarebbe arrivati a una contrapposizione che aggiunge inevitabilmente altre tenebre su una Capitale già abbrutita dal degrado quotidiano. Non sanare immediatamente questa ferita sarebbe gravissimo, e imperdonabile.