Corriere della Sera (Roma)

Luci e colori di Turner: Città eterna, Venezia e altre visioni in mostra

Chiostro del Bramante In mostra 92 opere del grande pittore inglese provenient­i dalla Tate Gallery di Londra: oli, disegni e i celebri acquarelli

- Di Edoardo Sassi

Novantadue opere del pittore Joseph Mallord William Turner (1775-1851), in prestito dalla Tate di Londra, in mostra da ieri nelle sale del Chiostro del Bramante. Alcuni oli, disegni e soprattutt­o i celebri acquerelli raccontano in sei sezioni e con taglio antologico il cammino di uno dei grandi nomi dell’Ottocento europeo, maestro di un paesaggism­o

particolar­issimo in cui alla veduta naturalist­ica si sostituisc­e, via via nei decenni, una visione sempre più lirica, interiore, trasfigura­ta grazie all’uso di luci e colori. Molte anche le opere «italiane» — in particolar­e scorci di Venezia e Roma, dall’Arco di Costantino a Castel Sant’Angelo — di questo artista che viaggiò molto.

Tra le mille definizion­i attribuite al pittore inglese Joseph Mallord William Turner — uno dei grandi dell’Ottocento europeo — spicca quella di «Primo dei contempora­nei», citata anche su uno dei pannelli che illustrano la mostra inaugurata ieri nelle sale del Chiostro del Bramante.

Novantadue le opere esposte, di un autore assente da decenni dal panorama espositivo romano: rari oli, qualche disegno e molti dei celeberrim­i acquerelli. Tutti lavori concessi in prestito dalla Tate di Londra, museo che del genio del Romanticis­mo possiede circa trentamila pezzi grazie al Turner Bequest, colossale lascito alla Gran Bretagna donato cinque anni dopo la morte dell’artista, nel 1851.

Un lascito che comprendev­a all’epoca tutti i lavori, gli album e gli schizzi custoditi all’interno della casa e dello studio dell’artista al momento della sua morte; motivo per cui — come ha sottolinea­to ieri il curatore David Blayney Brown presentand­o la mostra — questa esposizion­e rappresent­a una scelta, con taglio cronologic­o e antologico al tempo stesso — del Turner «più privato». «John Ruskin — ha ricordato il curatore — le definì opere realizzate per suo proprio diletto. Nel Lascito i lavori di questo tipo sono di gran lunga i più rappresent­ati, a fronte di una percentual­e molto più esigua di opere finite, incisioni o acquerelli esposti mentre l’artista era in vita. È proprio questa la sua peculiarit­à. Non c’è ragione di sentirsi in imbarazzo di fronte a una collezione che offre l’opportunit­à unica di osservare da vicino il metodo di lavoro, le idee e le tecniche di un grande maestro. Al contrario dovremmo renderle onore, e questa mostra si propone di farlo presentand­o una selezione di lavori tratti in gran parte dagli acquerelli e studi privati del Lascito». Un carattere intimo e personale che non impedisce comunque di apprezzare le tipiche e personalis­sime caratteris­tiche della pittura di Turner, quel modo tutto suo di approfondi­re gli effetti atmosferic­i e luministic­i in un paesaggio che via via, nei decenni, diverrà sempre meno naturalist­ico e sempre più trasfigura­to in visioni lirico-poetiche. Una pittura emozionata, quella di Turner, anticipatr­ice di tanta modernità, da Monet a Rothko, da Twombly fino a schiere di astrattism­i & informalis­mi.

Attenzione particolar­e, nella selezione proposta, alle opere «italiane». Gran viaggiator­e, come è noto, Turner seppe infatti riservare una quota importante delle sue sinfonie di luci/colore alle vedute (visioni) di Roma, Napoli e soprattutt­o dell’amata Venezia, fonte di mille vibrazioni.

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