Corriere della Sera (Roma)

DIPENDENTI DI UN ENTE SOVIETICO

- Di Federico Fubini

Con cadenza settimanal­e, benché eccezional­mente anticipato a giovedì, si è ripetuto ieri il rito dello sciopero del trasporto pubblico romano. Stavolta però non colpisce solo che l’interruzio­ne del servizio decisa dai sindacati danneggi precisamen­te i più deboli: i pendolari, chi non può permetters­i un’auto, i precari che rischiano di vedere i compensi decurtati se non si presentano al lavoro per tempo. Colpisce di più la veduta d’insieme: lo sciopero è disegnato dai sindacati per infliggere disagi precisamen­te su coloro ai quali essi chiedono di pagare per il dissesto dell’Atac. Si direbbe quasi una tortura inflitta sui contribuen­ti per fiaccare la loro volontà, se non fosse tutto assurdo. La ragione del paradosso è però evidente, perché questo è uno sciopero indetto contro un concordato fallimenta­re il cui obiettivo è ridurre il debito tramite parziali default verso i creditori. In altri termini, le sigle dei dipendenti Atac rifiutano l’idea che sull’azienda si applichi il normale diritto civile. Vogliono che sia simile a un ente sovietico: gestito come un ramo del settore pubblico, per cui ogni perdita va sempre a carico dei cittadini (se è ancora permesso usare questa parola).

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