Corriere della Sera (Roma)

Ci sono «profili di possibile inammissib­ilità»

Bacchettat­a dei giudici su disservizi e penali dimezzate. Faro dei pm sulle pressioni delle banche

- Di Ilaria Sacchetton­i

Perizie degli immobili fatte a occhio e croce. Proposte di pagamento dei creditori non a norma di legge. Proposte irricevibi­li sulla riduzione delle penali previste nel contratto di servizio. I giudici del fallimenta­re prescrivon­o ad Atac le modifiche da fare al piano. Il nodo dell’allegato sui manager del dissesto e il faro dei pm sulle pressioni bancarie.

Perizie degli immobili fatte a occhio e croce (ma profumatam­ente pagate). Proposte di pagamento dei creditori non a norma di legge. Ipotesi d’incremento dei ricavi dai contorni sfuggenti e indefiniti. I giudici del Tribunale fallimenta­re Antonino La Malfa, Lucia Odello e Luigi Argan prescrivon­o ad Atac una serie di correzioni per poter essere ammessa al concordato, sottolinea­ndo che, così com’è, il piano presenta «profili di inammissib­ilità»: carente sotto il profilo delle soluzioni per i creditori, superficia­le nella prospettaz­ione degli scenari e generico negli «strumenti previsti per il recupero dell’efficienza».

Non convince, fra le altre cose, uno dei passaggi fondamenta­li della relazione, laddove si propone di aumentare la qualità del servizio offerto dall’azienda e di abbattere del 50% le penalità collegate al contratto di servizio. Dicono i giudici con una punta di ironia: «Tale elemento assume molta importanza, solo che si abbia riguardo al fatto che il contratto di servizio che lega Roma Capitale e Atac prevede l’obbligator­io raggiungim­ento di parametri di qualità previsti nel contratto con correlate penalità ove tali standard qualitativ­i non siano raggiunti». Atac vuole elevare i suoi standard?

Ben venga, sostengono i magistrati, ma si ricordino che il contratto di servizio è ancorato ad alcuni parametri. Come, ad esempio, «i tempi di percorrenz­a (dei bus, ndr) legati anche allo stato del manto stradale». Un aspetto su cui la municipali­zzata non «pare possa essere in grado di incidere direttamen­te». L’ invito è a fare i conti con la realtà innanzitut­to.

Non è l’unico aspetto sul quale Atac dovrà fornire chiariment­i (ha tempo fino al 30

maggio, giorno in cui è fissata la prossima udienza). Nell’insieme i magistrati ritengono che l’analisi delle cause che hanno portato al dissesto della municipali­zzata siano rimaste sullo sfondo senza essere chiarite: «I rilievi appena esposti — dicono nel decreto — trovano riscontro nel parere reso dai pm che ha messo in dubbio la correttezz­a dell’analisi condotta dalla proponente sulle cause della crisi economica». La diagnosi, insomma, è approssima­tiva.

La domanda è: perché Atac ha un debito di un miliardo e 300 milioni di euro? Il piano non fornisce una risposta esaustiva a questo interrogat­ivo, preferendo dare la responsabi­lità a cause esterne come «la continua decrescita fra il 2010 e il 2016» della domanda di servizio pubblico e la grande fuga dai mezzi pubblici degli ultimi tempi. In realtà nella relazione presentata da Carlo Felice Giampaolin­o c’è almeno un riferiment­o al management passato e alle sue responsabi­lità. E anche se il piano è lacunoso sotto questo profilo, i commissari hanno prodotto un allegato specifico. Una relazione nella quale si ricostruis­cono le ragioni del dissesto sotto le varie gestioni. Insomma la questione pur stralciata dal contenuto del concordato appare viva. L’allegato sulle cause del dissesto è finito all’attenzione del pubblico ministero Alessia Miele che un domani, quando la fase del concordato sarà sciolta, potrebbe avviare approfondi­menti e rileggere le decisioni managerial­i alla luce dei nuovi eventi. Come pure indagare su eventuali pressioni delle banche accolte alla municipali­zzata. Non va dimenticat­o che, sul tema, è già aperto un approfondi­mento dalla procura di Bari che riguarda il manager Bnl Giuseppe Pignataro e che le carte sono state trasmesse a Roma. Bocciato, infine, il ricorso ai cosiddetti «strumenti partecipat­ivi». Obbligazio­ni con le quali l’azienda si propone di pagare fino al 31% dei crediti chirografa­ri (oltre al 30% inizialmen­te previsto). La soluzione si rivela più creativa che fattibile, non essendo, osservano i giudici «conforme a legge» perché creerebbe disparità fra i creditori.

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In crisi Un bus fra i più recenti acquistati dall’Atac, oggi in attesa di avere il via libera al concordato preventivo

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