Regione, il pasticcio del capo dell’anticorruzione
Via il direttore che aveva denunciato un caso di illegittimità. Replica: rimosso per altri motivi
Villa Piccolomini è un luogo incantevole in via Aurelia Antica. Il parco è in asse visuale con la cupola di San Pietro. Un bene di proprietà della Regione Lazio, frutto di una donazione effettuata oltre settanta anni fa da Niccolo’ Piccolomini. Nelle intenzioni di quest’ultimo il parco, la villa e gli immobili erano destinati al sostentamento di attori e artisti indigenti, tanto che quel patrimonio è confluito in un Ipab (Istituto pubblico di assistenza e beneficienza) che fa capo all’ente governato da Nicola Zingaretti. Nei mesi scorsi una verifica sui conti ha evidenziato alcune criticità di natura finanziaria e contabile dell’Ipab, al punto da spingere la Regione Lazio a commissariare l’istituto, indicando lo scorso febbraio per l’incarico di commissario Stefano Acanfora, ossia il direttore regionale che si occupa degli acquisti.
Acanfora è un commercialista entrato nei ranghi della Regione attraverso un bando per chiamata diretta già due anni fa, per l’ulteriore nomina a commissario l’iter stabilisce il vaglio da parte della direzione regionale Controllo e vigilanza che fa capo a Pompeo Savarino, responsabile, tra l’altro, anche per l’anticorruzione. Dall’istruttoria sul profilo del candidato, incaricato a mettere ordine nei conti e nel patrimonio di Villa Piccolomini, Savarino rileva però un paio di questioni: Acanfora, secondo lui, avrebbe dichiarato il falso. Esattamente nel modulo con il quale ha attestato di non ricoprire incarichi esterni alla pubblica amministrazione, né di svolgere attività professionali. Secondo Savarino, però, Acanfora risulterebbe titolare di cariche e qualifiche in alcune società private.
Un dato che spinge Savarino a non firmare il provvedimento di nomina di Acanfora e a procedere con una denuncia alla procura della Repubblica.
La denuncia è depositata lo scorso 19 marzo e nello stesso giorno Savarino, in veste di responsabile anticorruzione, scrive al direttore del personale della Regione, Alessandro Bacci. L’obiettivo è segnalare che Acanfora avrebbe dichiarato il falso, «un fatto penalmente rilevante», già nel 2016 quando, assumendo l’incarico di direttore centrale per gli acquisti, aveva specificato «di non svolgere attività libero professionale». Una bomba a orologeria, insomma. Non a caso due giorni dopo, il 21 marzo, tra gli atti della giunta regionale, non ancora costituita perché il presidente rieletto Zingaretti è nel pieno delle trattative post voto, figurano sia la revoca della direzione «attività di controllo e vigilanza» assegnata a Savarino sia l’indicazione di un nuovo responsabile anticorruzione. La ravvicinata coincidenza tra la denuncia e la rimozione di Savarino secondo la Regio- ne Lazio altro non è che una modifica dell’assetto organizzativo e la conferma che il rapporto fiduciario tra Savarino e l’ente governato da Zingaretti si sarebbe interrotto da tempo.
In Regione fanno notare che Savarino, «nel gennaio 2018 ha organizzato in qualità di presidente di Agdp (Associazione di dirigenti e funzionari) un convegno nel quale critica Anac (l’Autorità nazionale anti corruzione, ndr). Intervento, richiamato dalla Regione, che rileva come il responsabile anticorruzione non possa in alcun modo mettere in discussione la funzione che svolge condizionandola a causa di vicende personali».
In una nota viene, inoltre, specificato che Acanfora non ricade comunque in nessun caso di incompatibilità o inconferibilità.
Causa
Secondo la Pisana il responsabile di Controllo e vigilanza criticò l’Anac