Polizia aggredita dai nomadi Salvini insorge
Nel campo Gordiani sassate a una volante durante un arresto
Alle 17.08 uno degli agenti in tenuta anti sommossa solleva la grata metallica che protegge il parabrezza del furgone della polizia parcheggiato davanti al civico 325 di via dei Gordiani. È il segnale che l’operazione durata circa tre ore all’interno del campo nomadi, qui ai margini della Prenestina, è terminata. Anche l’altro furgone, i tre suv e le due auto in borghese vanno via. Bilancio: 28 persone segnalate all’ufficio immigrazione, due auto sequestrate, 50 operatori di polizia impegnati in controlli a tappetto all’indomani dell’aggressione alle volanti che inseguivano un quarantenne appena fuggito dall’appartamento che aveva svaligiato. Per portarlo via gli agenti avevano dovuto fronteggiare l’altra notte una simile sommossa di alcune famiglie del campo, arrivate a lanciare pietre e altri oggetti contro le volanti. Un poliziotto era rimasto ferito e un’auto danneggiata. Il ladro, un cittadino serbo, era stato alla fine arrestato per evasione (doveva essere ai domiciliari), resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento dei beni dello Stato, nonché denunciato per il furto appena commesso.
«Questi zingari lavorano anche a Pasqua... Ho pronta una democratica e pacifica ruspa», ha twittato Matteo Salvini. Mentre la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, su Facebook ha scritto: «La pazienza è finita: i campi nomadi vanno sgomberati».
Così, ieri pomeriggio, gli agenti hanno circondato il campo autorizzato dove vivono circa 300 persone, nessun capo o portavoce riconosciuto, ispezionando container, verificando documenti di auto e persone, accertando la presenza di soggetti già noti. Non si registrano intemperanze,ma un nervosismo di fondo. Il consiglio ai giornalisti è di muoversi con la massima discrezione per non scaldare gli animi. Di entrare non se ne parla. Fuori, attorno ai quattro cassonetti dell’indifferenziata, si ammassano per 15 metri rifiuti: vestiti, copertoni, mobili, gli immancabili materassi. «È così ogni giorno — dice dal suo gabbiotto la guardia giurata degli uffici metro C , proprio di fronte — L’Ama passa spesso, ma il cumulo si riforma presto».
Il via vai è continuo. Neda, dopo essersi intrattenuta con un funzionario al quale, come farebbe con una vecchia conoscenza, racconta della vita in carcere di suo figlio, assicura che lei non vive qui e di essere venuta solo per far visita a sua nuora. Sorride e parla un buon italiano: «I primi figli maschi —ragiona — sono sempre turbolenti, ma il mio è in carcere per un errore. Dicono che ha accoltellato un amico, ma è solo caduto su di lui mentre era a tavola. Fra tre mesi esce».
Più giovane ma ugualmente cordiale, Andra dice di essere favorevole a queste operazioni di polizia: «Magari mandassero via chi crea problemi, vivremmo tutti meglio. Che è successo? Non so, non ho visto. Mio marito ha un lavoro come barista, magari ci dessero una casa vera».
Dietro la cancellata che unisce i tre ingressi del campo, la vita è come sospesa: un corpulento anziano riposa davanti alla sua baracca (ce ne sono da 12 o da 6 metri quadrati), una bambina va sul monopattino lungo i vialetti con i dossi artificiali, un ragazzo in bici con del pane, le donne si muovono indaffarate a gruppetti. «Io sono serbo ma nato a Roma, la sera vendo fiori a Trastevere, arrivo anche a 20 euro il sabato. Quelli che danno problemi stanno dall’altra parte», dice Goran in romanesco, indicando un non meglio specificata area del campo. Altri due giovani, intenti a radersi con un rasoio elettrico, salutano la partenza della polizia: «Anche per oggi hanno finito». Di fianco a loro un cane dorme nella cuccia ricavata da un imballaggio della Pyrosequencing, azienda svedese che produce macchinari per tracciare il dna. Chiedere dove sia stata presa sarebbe forse un’operazione vana.
Controlli a tappeto Blitz dopo il lancio di pietre: 28 segnalazioni all’ufficio immigrati, due auto sequestrate