Venezia e Roma Vedute e capricci di Canaletto
A Palazzo Braschi in mostra 42 dipinti dell’artista-simbolo del Settecento veneziano
Nacque nel 1697, tre anni prima dell’alba di quel nuovo secolo, il Settecento, di cui diventerà, già in vita e grazie a un successo internazionale, uno dei simboli: Canaletto/vedute, vedute/Canaletto, associazioni inevitabili quando si parla di Giovanni Antonio Canal, il grande pittore veneziano, cantore per antonomasia della città lagunare coi suoi ponti, i canali, le feste e le regate sfavillanti, al quale è dedicata una mostra inaugurata ieri nelle sale di Palazzo BraschiMuseo di Roma, a cura di Bozena Anna Kowalczyk.
Una retrospettiva con alcuni prestiti importanti, nazionali e internazionali: il grande Bucintoro di ritorno al Molo il giorno dell’Ascensione del Museo Pushkin, Il Canal Grande da nord, verso il ponte di Rialto e Il Canal Grande con Santa Maria della Carità, tele di proprietà di Gianni e Marella Agnelli, una veduta di Windsor Castle concessa dal Duca di Northumberland (ma sono rimasti a casa i celeberrimi Canaletto, i più importanti al mondo, di proprietà della regina Elisabetta II), oltre a quadri dal Jacquemart-André, da Budapest, dalla National Gallery di Londra e dal Kunsthistorisches di Vienna.
Tra le curiosità da segnalare, vanno senz’altro annoverate le due parti di quella che un tempo fu un’unica, ampia tela, raffigurante Chelsea da Battersea Reach. Tagliato prima del 1802, il quadro è stato riunito ora per la prima volta. La parte sinistra proviene da Blickling Hall, National Trust, Regno Unito; quella destra invece, mai esportata per decenni, è stata ora concessa in prestito dal Museo Nacional De Bellas Artes de la Habana con il benestare del governo.
Promossa dal Comune di Roma (assessorato alla Crescita culturale-Sovrintendenza Capitolina), con l’organizzazione dell’associazione culturale MetaMorfosi in collaborazione con Zètema, la mostra ricostruisce, cronologicamente e per temi, l’intero cammino dell’artista grazie a 42 dipinti — «numericamente il più grande nucleo di ope- re di sua mano mai esposto in Italia», come ha sottolineato la curatrice — cui si aggiungono nove disegni e sedici tra libri e documenti d’archivio. Tanta Venezia, va da sé, ma non solo. Una sezione in particolare, più altre opere, è dedicata al Canaletto pittore di Roma e di capricci romani (quasi tutte le vedute di Canaletto, a dispetto del lenticolare perfezionismo, sono in realtà capricciose: ovvero dettagliatissime, ma immaginarie), un genere che segnò in particolare gli esordi del pittore ancor prima di diventare il simbolo acclamatissimo del
Grand Tour nella Serenissima, artista idolatrato dalle commissioni degli ambasciatori stranieri, tra cui quel Joseph Smith — mercante, bibliofilo e poi console britannico — che fu un po’ il suo mentore in terra inglese.