Corriere della Sera (Roma)

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L’archeologo: «Era l’infrastrut­tura viaria principale...»

- Di Paolo Conti

Andrea Carandini, grande archeologo e appassiona­to cittadino di una Roma che per lui è insieme materia di studio e di vita quotidiana contempora­nea, ama spesso le risposte brevi, gli slogan. Se gli si chiede perché la via Salaria sia importante per la storia romana, risponde: «L’importanza sta nella ragione della sua esistenza».

La «ragione» è un motivo tecnico, economico e civile: «La Salaria era il proseguime­nto dell’antica via Campana che collegava Roma al litorale, dove era aperto il Campus Salinarum, un vasto stagno che si stendeva in un’area prossima all’attuale Aeroporto internazio­nale Leonardo da Vinci. Tutto il sale raccolto veniva caricato e trasportat­o verso Roma. Qui veniva tassato, e poi ripartiva».

Nulla si muoveva, quindi, se il cuore della Repubblica prima, e poi dell’Impero, non dava via libera. Perché c’era la questione del ricavo, come spiega proprio Carandini: «La Capitale viveva anche di questa tassa sul sale, un elemento indispensa­bile, per esempio, per l’allevament­o di animali come le pecore. Il sale sull’Appennino certamente non si trova, dunque bisognava attendere quello che arrivava dal mare lungo la via Salaria…».

L’importanza del sale, si sa, è testimonia­ta anche dall’etimologia di «salario», la paga intesa come razione di sale, dunque un bene prezioso e commerciab­ile.

Tutti tasselli che mostrano il mosaico di un sistema economico articolato ed efficiente.

Basti pensare che, per realizzare la Salaria tra il Tirreno e l’Adriatico, fu necessario attraversa­re le Gole del Velino e il Valico di Torritta, con soluzioni tecniche stupefacen­ti, se pensiamo anche solo superficia­lmente ai mezzi meccanici a disposizio­ne degli uomini di quei tempi. A maggior ragione, la Salaria è un simbolo di grande modernità per Roma antica.

Insomma il rapporto tra Roma e il sale, spiega Andrea Carandini, era essenziale e non si limitava certo alla sola que s t ione a l iment a re : «C’erano anche le saline ai piedi dell’Aventino, ma non potevano bastare e così arrivava il sale dal litorale. Per questo la Salaria può essere considerat­a l’infrastrut­tura viaria principale di Roma». Anche perché la via era l’arteria di collegamen­to tra i due mari, appunto il Tirreno e l’Adriatico, attraverso lo snodo di Roma.

E adesso?

La questione riguarda il disastro della Salaria dopo l’acquazzone, lunedì scorso. Carandini smette i panni dell’archeologo e indossa quelli del cittadino romano del 2018: «Il disastro della via Salaria mostra l’immagine di una città ridotta a un colabrodo. Si sa, come funzionano i colabrodi: va via tutto il liquido e poi non resta nulla… Ecco, è ciò che sta accadendo alla città: noi evidenteme­nte viviamo in una Roma colabrodo. Il simbolo di un Paese che non riesce a garantire il funzioname­nto della propria Capitale. Di questo si tratta, purtroppo….».

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In panne Un automobili­sta alle prese con una foratura sulla Salaria (Proto)

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