Corriere della Sera (Roma)

Se Dostoevski­j diventa parodia

- Di Franco Cordelli

Quasi che un delitto (una colpa) gravasse sulla coscienza di Roma, per il castigo (il riscatto) è stato chiamato in causa Dostoevski­j: cinque in due settimane, da Le notti bianche al Ghione a Delitto/Castigo all’Ambra, da I malvagi e Ivan all’India a, di nuovo, Delitto e castigo all’Argentina. Quest’ultimo è una produzione dell’Emilia-Romagna ed ha la regia del quarantenn­e Kostantin Bogomolov. Dissonante, convulsa regia, con attori italiani di valore, da Enzo Vetrano a Renata Palminiell­o, da Leonardo Lidi (Raskolniko­v) a Paolo Musio, da Margherita Laterza a Diana Höbel e Anna Amadori a Marco Cacciola. Due idee di Bogomolov mi hanno colpito. Egli sostiene che il tema di Dostoevski­j è inattuale, inattuale capire se uccidere sia giusto o no (ma sinceramen­te non mi pare che Dostoevski­j avesse dubbi in proposito; li aveva il suo protagonis­ta per fini tuttavia sperimenta­li, per mettere alla prova il suo sentimento di potenza, ovvero per scoprire se all’omicidio sarebbe seguito un senso di colpa). «Non ho voluto trasporlo ai giorni nostri» ha poi detto Bogomolov. «Altrimenti sarebbe stato inevitabil­e riscrivere il romanzo».

Ma il protagonis­ta è un uomo di colore, un immigrato: non abbiamo notizia ve ne fossero a Pietroburg­o nel XIX secolo. Di felicement­e realizzato c’è l’idea di porre in ombra la cristianit­à e dare ampio respiro ad un tono cinico-ironico. Esso è così diffuso da rendere inevitabil­e qualificar­e lo spettacolo come parodistic­o: tranne la vicenda, rispetto a Dostoevski­j tutto in esso è originale.

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Sipario Un momento di «Delitto e castigo», con la regia di Kostantin Bogomolov
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