Corriere della Sera (Roma)

E a Marconi ecco l’orrore della «favela»

Gazometro: baracche, cattivi odori e bimbi a piedi nudi nell’area di archeologi­a industrial­e

- Di Maria Rosaria Spadaccino

Il verde si intravede appena tra i palazzoni di viale Marconi, lo sguardo si infila in via Einstein, così trova ristoro. Ma si tratta di un attimo: si scendono le scalette che portano al parco Papareschi (a quello che doveva essere il polmone verde del quadrante Marconi-Ostiense) e si è assaliti da un tanfo indefinibi­le. Sono resti di pranzi di strada, cibo in decomposiz­ione, vestiti putridi di acqua e muffa.

Una catasta di pattume che emana odori di deiezioni umane e animali accoglie chi entra nel giardino. Un vecchietto siede sul muretto, appoggiato al bastone, ha gli occhi sconsolati. «Sente che puzza? Io vengo a prendere aria il pomeriggio racconta -, ma a volte torno a casa presto perché non riesco a sopportare l’odore». Il verde è incolto, l’erba è così alta che nasconde la sporcizia. Ci sono parcheggia­te due biciclette gialle del servizio di bike-sharing, un’altra invece penzola sconsolata dal muretto. Qualcuno l’ha lanciata di sotto, ma è stata fermata da un gancio. Un divano è stato abbandonat­o sotto un platano gigantesco, i turisti camminano attoniti, si guardano intorno uscendo da due splendidi excasali trasformat­i in alloggi di fascino per viaggiator­i, per stranieri alla ricerca di luoghi insoliti. Sono lì curatissim­i in mezzo al parco abbandonat­o, segnale evidente che per quest’area si pensava ad una valorizzaz­ione che in realtà non c’è mai stata.

C’è un forte contrasto tra la sobria eleganza del residence e tutto quello che c’è intorno. Domestiche in tenute di servizio escono dai casali con i carrelli pieni di panni che portano nella sala lavanderia lì sotto, stranieri di varie nazionalit­à si affacciano alle finestre a godersi il paesaggio. E vedono un capannone fatiscente dei primi del ‘900 dove vivono bimbi nomadi in mezzo all’immondizia. È una delle strutture dell’ex-fabbrica Mira Lanza di proprietà comunale, parte del patrimonio con un vincolo architetto­nico perché reperto pregiato di archeologi­a industrial­e. Quell’ex-fabbrica doveva diventare un asilo per il quartiere all’interno del parco, lo doveva realizzare un costruttor­e come opera a scomputo, ma la procedura è bloccata in Comune. Così ora lì ci vivono famiglie nomadi, con bimbi piccoli che giocano scalzi tra montagne di immondizia.

Una brunetta che non avrà due anni rincorre il fratellino poco più grande con un triciclo rosa, il fratello maggiore (avrà cinque anni) esce fuori a prendere l’acqua da bere. È dentro un bottiglion­e di plastica arancione che sta sotto il sole, sopra a cataste di lamiera arrugginit­a. Il bimbo è allenato a questo compito: sale sulla montagnola di ferro, con fatica versa l’acqua in un pentolino, la porta dentro il capannone e la porge ai fratellini che hanno sete. Si volge appena a guardare verso l’alto, verso il muretto dove passeggia una coppia a spasso con il cane o verso quelle finestre dove stranieri biondi, profumati, con la pelle detersa, stanno guardando la scena. Senza parole. È Roma, ma potrebbe essere uno slum, una baraccopol­i, una favela di qualsiasi luogo del terzo mondo.

I gatti corrono tra i bimbi, loro hanno una casetta e una ciotola per il cibo: «Li teniamo con noi perché ci salvano dai topi», racconta sorridente Camila, romena che vive nella struttura adiacente. I mici sono grassi e felici, i bimbi sono magri, con gli occhi opachi e i piedini induriti dalla sporcizia.

Si prosegue su via Tirone che è anche un ponte pedonale, di lato c’è un hotel 4 stelle, di fronte c’è il padiglione dietro il teatro India che doveva diventare una scuola per attori. Ma non lo sarà piu, l’accademia D’Amico ha rinunciato, quindi ora è solo una struttura fatiscente occupata da altri nomadi e da altre cataste di immondizia. La decadenza non nasconde del tutto la bellezza del luogo.

Non bisogna perdere la speranza, così conviene guardare dietro il teatro India, dove c’è un pezzo di terra (acquistato dalla Regione) che diventerà un parco. In quell’area sono stati trovati resti archeologi­ci di età arcaica. «Dovevano costruire uno studentato, ma i cittadini si sono opposti ad altre cubature in una zona già densamente cementific­ata racconta Maria Teresa Di Sarcina,

Inciviltà Una bicicletta, che qualcuno ha lanciato di sotto, penzola a un gancio

Sbigottiti Attoniti i turisti che escono da due ex casali trasformat­i in alloggi di fascino

responsabi­le del Pd Marconi -. Ora siamo in attesa che si sblocchi la procedura per realizzare il parco».

Il ponte pedonale della Scienza, dedicato a Levi Montalcini, porta sull’altra riva, all’ Ostiense, dove c’è una piccola città fatta di lamiere e cartoni, proprio sotto il Gazometro. File di baracche attaccate le une alle altre proteggono la quotidiani­tà di una comunità di centinaia di persone che la domenica allestisce su questa sponda una «Porta Portese» abusiva, realizzata con roba rubata e presa dai cassonetti.

Anche qui come lì il tanfo è pesante, i cumuli di immondizia troneggian­o ovunque. Si prova disagio ad essere umani esattament­e come quelli lì che vivono tra la pattumiera, a poche centinaia di metri da noi. Un cartello avverte che l’area è di proprietà comunale ed è videosorve­gliata, proprio davanti a un’ auto bruciata usata per incontri occasional­i.

 ??  ?? Ostiense Qui accanto, baracche e spazzatura sul Tevere all’Ostiense. In basso a sinistra il Gazometro, a destra un’auto distrutta e abbandonat­a sul ciglio della strada accanto a sterpaglie ed erba incolta (LaPresse)
Ostiense Qui accanto, baracche e spazzatura sul Tevere all’Ostiense. In basso a sinistra il Gazometro, a destra un’auto distrutta e abbandonat­a sul ciglio della strada accanto a sterpaglie ed erba incolta (LaPresse)
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