Corriere della Sera (Roma)

«Nuovi scavi per la metro? Vedremo...»

Il soprintend­ente Prosperett­i sulla linea C

- Fiaschetti

Il soprintend­ente Francesco Prosperett­i è convinto che la metro C non abbia senso se non si riconnette­rà alla linea A dopo San Pietro: dunque, sì alla prosecuzio­ne del tracciato. Prima di valutare la fattibilit­à di una stazione nell’ansa barocca aspetta le indagini archeologi­che, ma crede si possa cambiare approccio: dagli scavi a cielo aperto ai pozzi circolari di minore impatto.

Ai maligni non è sfuggita l’assenza del Mibact alla conferenza stampa di venerdì nella quale il Comune, oltre ad annunciare l’apertura della stazione San Giovanni (sabato la festa) ha espresso l’intenzione di proseguire i lavori della metro C fino a ClodioMazz­ini, con possibile estensione alla Farnesina. Se non fosse che dal Collegio Romano non trapela alcun cenno di irritazion­e. Semmai, nella consapevol­ezza che in questa fase a prendersi la scena è il futuro del trasporto pubblico, ci si riserva di trarre le proprie valutazion­i al momento opportuno. «Ognuno fa il suo lavoro — ribadisce il soprintend­ente Francesco Prosperett­i — . Noi arriviamo dopo, ma non vuol dire che abbiamo un ruolo secondario».

Soprintend­ente Prosperett­i, l’amministra­zione vuole portare la tratta fino a piazzale Clodio con una stazione intermedia nell’ansa barocca: cosa ne pensa?

«Ne discutiamo da un anno con Roma Metropolit­ane, la nostra posizione non cambia: la linea C ha un futuro solo se si riconnette alla A dopo San Pietro. Ha un senso se diventa un ramo ulteriore della rete metropolit­ana di Roma, carente rispetto ad altre capitali europee».

Per la stazione intermedia si parla di un’area tra Campo de’ Fiori e piazza Navona: la ritiene un’ipotesi praticabil­e?

«Ad oggi è impossibil­e immaginare quello che non conosciamo, ci vorrebbe Nembo Kid. Saranno i sondaggi a stabilire la fattibilit­à, che dipende non solo dai ritrovamen­ti ma anche dalle nuove tecnologie».

Intende dire che, a priori, non si può escludere nulla?

«Gli scavi a piazza Venezia hanno portato alla luce gli Auditoria di Adriano. Una stazione dovrà sorgere anche da quelle parti, ma tramite una serie di uscite le persistenz­e archeologi­che non verrebbero compromess­e, trovando una sistemazio­ne definitiva di grande rilievo».

Come si potrebbe procedere nell’area che, nell’antichità, corrispond­eva al Campo Marzio?

«Già un anno fa si è iniziato a immaginare un approccio diverso agli scavi: non più a cielo aperto come in via dell’Amba Aradam, ma con pozzi circolari di 20-30 metri di diametro che, se da un lato non consentono lo stesso livello di fruibilità, dall’altro sono meno impattanti».

Dunque, nessun veto preventivo alla prosecuzio­ne dei lavori.

«Tutt’altro. Gli scavi della metropolit­ana sono per l’archeologi­a una straordina­ria occasione di conoscenza e godimento dei resti antichi. Permettono di spingersi a una profondità sconosciut­a, le indagini stratigraf­iche all’Amba Aradam sono senza precedenti considerat­o che di quel- la caserma non c’è traccia neppure nelle fonti».

Il metodo seguito finora potrebbe dettare la linea anche per il futuro?

«Nell’ultima audizione all’Anac Cantone (Raffaele, presidente dell’Anticorruz­ione, ndr) ci ha dato pienamente ragione sulle metodiche applicate nei lavori in corso all’Amba Aradam. Abbiamo dimostrato di poter ricollocar­e i reperti dov’erano e com’erano. Sono particolar­mente tranquillo».

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Uno scorcio della stazione San Giovanni della linea C della metropolit­ana
Reperti Uno scorcio della stazione San Giovanni della linea C della metropolit­ana

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