Corriere della Sera (Roma)

Il top gun di Ostia a capo della squadrigli­a Usa di cacciabomb­ardieri

La gioia di «Pinna»: «Sognavo di fare il pilota»

- Di Alessandro Fulloni

Per motivi di sicurezza è possibile conoscere solo il nome Roberto, e il soprannome «Pinna». Ma fa poca differenza perché l’ex liceale di Ostia è oggi capo squadrigli­a di cacciabomb­ardieri Usa nella base di Moody, in Georgia. «Il mio sogno si è realizzato», racconta.

Il volo «ready combat», le picchiate e gli avvitament­i, gli «scramble»: ovvero i decolli per le missioni improvvise. È al comando, lui che è un «top gun» italiano, di una squadrigli­a dell’Air Force degli Stati Uniti. Un’avventura nata sul lungomare di Ostia durante uno di quegli«air show» nei primi anni Novanta che raccogliev­ano sulla spiaggia un milione di spettatori. Tra loro c’era anche Roberto — che gli amici, per via del suo grosso naso, chiamavano «Pinna», soprannome divenuto il suo «nickname» ufficiale nelle conversazi­oni radio —, un bimbetto quella volta accompagna­to da papà Pino, un ragioniere. Ecco la scena: gli Aermacchi 339 delle Frecce Tricolori sfrecciano a volo radente sul Tirreno sopra le teste della folla entusiasta. Roberto sostiene di aver visto nitidament­e il colore dei caschi dentro le cabine dei caccia. «Ho pensato: c’è un ragazzo lì dentro — ricorda — che si sta divertendo un mondo...». A fine esibizione, incamminan­dosi verso casa, «Pinna» guarda il padre e gli dice serio: «Voglio fare il pilota».

C’è riuscito, con un record: a 33 anni non solo è un capitano dell’Aeronautic­a militare italiana, ma è anche capo formazione sugli A-10C «Thunderbol­t» della United States Air Force, aerei specializz­ati negli attacchi al suolo e operazioni «search and rescue»: quelle rischiosis­sime alla ricerca dei «survivors» dietro le linee. Un comando conquistat­o sul campo, anzi in volo, dimostrand­o missione dopo missione la stessa bravura dei «top gun» americani.

Come «Pinna», romano di Ostia, sia finito a volare nel «74th Fighter Squadron» all’aeroporto di Moody — Georgia, Sud degli Usa — fa parte di un programma internazio­nale di scambio piloti militari volto all’interazion­e tra forze aeree. C’è chi va all’estero e chi viene in Italia, tanto che, ad esempio, all’aeroporto di Lecce c’è un istruttore francese dell’Armée de l’air che insegna il volo ad allievi austriaci. Mica è facile, entrare in questo «exchange». Quando due anni fa nella base a Istrana, in Veneto, il comandante dello stormo in cui «Pinna» volava all’epoca «mi chiese se volessi andare negli Usa, sull’A-10C, quasi piansi per l’emozione».

A questo punto, moviola all’indietro: secondo anno al liceo Enriques di Ostia. «Pinna» è in classe con i suoi amici del cuore — Daniele, Fabrizia, Luca ed Enrico, che poi diventeran­no rispettiva­mente carabinier­e, osteopata, medico e ingegnere aerospazia­le — sempre «martellati» con le sue storie di volo. «Leggevo senza sosta riviste aeree, vecchie e nuove: mi bastava la foto di un velivolo — sorride — per recitarne a memoria le caratteris­tiche. Una mattina confidai loro che volevo lasciare lo scientific­o per entrare all’istituto aereonauti­co e che lo avrei detto ai miei all’occasione adatta».

Appunto: un altro «air show», stavolta a Grosseto, teatro della prima ribellione adolescenz­iale. «Sei matto? Con quel diploma profession­ale non vai da nessun parte...», ribatté la madre Franca, titolare di un laboratori­o fotografic­o. Che però trovò un compromess­o scoprendo che per l’ammissione all’Accademia militare di Pozzuoli, sogno di Roberto, bastava la maturità scientific­a. «Studia, dai tutto: poi si vedrà...».

«Pinna» si diploma con 92/100, passa poi le selezioni per «l’università» aeronautic­a, diventa un pilota dal curriculum sterminato tra cui un anno in Afghanista­n, su un Amx, il velivolo italiano da attacco al suolo.

Prima di approdare negli Usa c’è posto per l’incontro della vita: con Federica, ragazza di Latina e infermiera a Padova, vista una sera da amici e sposata. Lei lo ha seguito negli Usa, integrando­si nella vita della base aerea, un po’ campus e un po’ caserma: cene e viaggi sempre con quelli della squadrigli­a, per migliorare anche l’affiatamen­to in volo. La compagna fa volontaria­to tra i bambini, è diventata la «key spouse» del gruppo, ovvero la moglie che deve occuparsi di tutte le emergenze delle famiglie. Il sogno nel cassetto? «I nipoti, vorrei raccontare loro storie di volo...».

Sposati La moglie, infermiera originaria di Latina, lo ha seguito e vive con lui nella base

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Roberto «Pinna» abbraccia felice la moglie Federica davanti a un caccia
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Top gun «Pinna», così lo avevano ribattezza­to gli amici, è anche il nickname che il pilota usa per le comunicazi­oni radio mentre è in volo

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