Il top gun di Ostia a capo della squadriglia Usa di cacciabombardieri
La gioia di «Pinna»: «Sognavo di fare il pilota»
Per motivi di sicurezza è possibile conoscere solo il nome Roberto, e il soprannome «Pinna». Ma fa poca differenza perché l’ex liceale di Ostia è oggi capo squadriglia di cacciabombardieri Usa nella base di Moody, in Georgia. «Il mio sogno si è realizzato», racconta.
Il volo «ready combat», le picchiate e gli avvitamenti, gli «scramble»: ovvero i decolli per le missioni improvvise. È al comando, lui che è un «top gun» italiano, di una squadriglia dell’Air Force degli Stati Uniti. Un’avventura nata sul lungomare di Ostia durante uno di quegli«air show» nei primi anni Novanta che raccoglievano sulla spiaggia un milione di spettatori. Tra loro c’era anche Roberto — che gli amici, per via del suo grosso naso, chiamavano «Pinna», soprannome divenuto il suo «nickname» ufficiale nelle conversazioni radio —, un bimbetto quella volta accompagnato da papà Pino, un ragioniere. Ecco la scena: gli Aermacchi 339 delle Frecce Tricolori sfrecciano a volo radente sul Tirreno sopra le teste della folla entusiasta. Roberto sostiene di aver visto nitidamente il colore dei caschi dentro le cabine dei caccia. «Ho pensato: c’è un ragazzo lì dentro — ricorda — che si sta divertendo un mondo...». A fine esibizione, incamminandosi verso casa, «Pinna» guarda il padre e gli dice serio: «Voglio fare il pilota».
C’è riuscito, con un record: a 33 anni non solo è un capitano dell’Aeronautica militare italiana, ma è anche capo formazione sugli A-10C «Thunderbolt» della United States Air Force, aerei specializzati negli attacchi al suolo e operazioni «search and rescue»: quelle rischiosissime alla ricerca dei «survivors» dietro le linee. Un comando conquistato sul campo, anzi in volo, dimostrando missione dopo missione la stessa bravura dei «top gun» americani.
Come «Pinna», romano di Ostia, sia finito a volare nel «74th Fighter Squadron» all’aeroporto di Moody — Georgia, Sud degli Usa — fa parte di un programma internazionale di scambio piloti militari volto all’interazione tra forze aeree. C’è chi va all’estero e chi viene in Italia, tanto che, ad esempio, all’aeroporto di Lecce c’è un istruttore francese dell’Armée de l’air che insegna il volo ad allievi austriaci. Mica è facile, entrare in questo «exchange». Quando due anni fa nella base a Istrana, in Veneto, il comandante dello stormo in cui «Pinna» volava all’epoca «mi chiese se volessi andare negli Usa, sull’A-10C, quasi piansi per l’emozione».
A questo punto, moviola all’indietro: secondo anno al liceo Enriques di Ostia. «Pinna» è in classe con i suoi amici del cuore — Daniele, Fabrizia, Luca ed Enrico, che poi diventeranno rispettivamente carabiniere, osteopata, medico e ingegnere aerospaziale — sempre «martellati» con le sue storie di volo. «Leggevo senza sosta riviste aeree, vecchie e nuove: mi bastava la foto di un velivolo — sorride — per recitarne a memoria le caratteristiche. Una mattina confidai loro che volevo lasciare lo scientifico per entrare all’istituto aereonautico e che lo avrei detto ai miei all’occasione adatta».
Appunto: un altro «air show», stavolta a Grosseto, teatro della prima ribellione adolescenziale. «Sei matto? Con quel diploma professionale non vai da nessun parte...», ribatté la madre Franca, titolare di un laboratorio fotografico. Che però trovò un compromesso scoprendo che per l’ammissione all’Accademia militare di Pozzuoli, sogno di Roberto, bastava la maturità scientifica. «Studia, dai tutto: poi si vedrà...».
«Pinna» si diploma con 92/100, passa poi le selezioni per «l’università» aeronautica, diventa un pilota dal curriculum sterminato tra cui un anno in Afghanistan, su un Amx, il velivolo italiano da attacco al suolo.
Prima di approdare negli Usa c’è posto per l’incontro della vita: con Federica, ragazza di Latina e infermiera a Padova, vista una sera da amici e sposata. Lei lo ha seguito negli Usa, integrandosi nella vita della base aerea, un po’ campus e un po’ caserma: cene e viaggi sempre con quelli della squadriglia, per migliorare anche l’affiatamento in volo. La compagna fa volontariato tra i bambini, è diventata la «key spouse» del gruppo, ovvero la moglie che deve occuparsi di tutte le emergenze delle famiglie. Il sogno nel cassetto? «I nipoti, vorrei raccontare loro storie di volo...».
Sposati La moglie, infermiera originaria di Latina, lo ha seguito e vive con lui nella base