Le opposizioni: «Avviso di sfratto per la sindaca»
Ed è bagarre sul Daspo per Casu (Pd), escluso per tre mesi dall’aula Giulio Cesare
Il M5S esce sconfitto dal voto nei Municipi III e VIII, risultato che galvanizza le opposizioni: «Avviso di sfratto per Raggi». A Monte Sacro la minisindaca uscente, Roberta Capoccioni, si ferma al 19%: il 24 giugno sarà ballottaggio tra Giovanni Caudo (centrosinistra) e Francesco Maria Bove (Lega). A Garbatella il candidato di centrosinistra, Amedeo Ciaccheri, vince al primo turno con il 54% delle preferenze. Se i Cinque stelle attribuiscono la disfatta all'astensionismo, il Pd invece esulta: «Con il 25% a Roma siamo il primo partito». Ed è bagarre sul Daspo che vieta per 3 mesi al segretario romano dei dem, Andrea Casu, l'accesso all'aula Giulio Cesare.
Esce sconfitto il M5S dalle elezioni nei Municipi III e VIII. A Montesacro la minisindaca uscente, la stellata Roberta Capoccioni si ferma al 19,18%. Tra due settimane, il 24 giugno, andranno al ballottaggio il candidato di centrosinistra, Giovanni Caudo, il più votato con il 42,06% delle preferenze, e lo sfidante di centrodestra, il leghista Francesco Maria Bova (33%). A Garbatella Amedeo Ciaccheri, che alle primarie di centrosinistra ha avuto la meglio sul dem Enzo Foschi, conquista la maggioranza al primo turno (54,o4%) battendo il competitor di centrodestra, Simone Foglio (25,33%) e il grillino Enrico Lupardini (13,11%).
Mentre le opposizioni cavalcano il risultato, interpretandolo come un «avviso di sfratto» per la sindaca Virginia Raggi, dalla consultazione di domenica emerge un dato: l’astensionismo (alle 23 ha votato il 27% dei residenti, 78.511 degli oltre 300 mila chiamati alle urne). Fatte le debite proporzioni — il tasso di partecipazione corrisponde a un terzo dell’elettorato di Roma — si può leggere come un segnale di disaffezione nei confronti della politica e un «campanello d’allarme» per il governo Cinque stelle, a due anni dalla vittoria. Ma i numeri dicono anche altro: che la Lega, in linea con l’esecutivo giallo-verde insediatosi a Palazzo Chigi, è la prima forza di centrodestra, davanti a FdI e FI. Tiene il Pd che, dopo la débâcle alle politiche del 4 marzo, prova a ricompattarsi: «Siamo molto soddisfatti dei risultati — esultano i dem romani — dove il Partito Democratico risulta il primo nella Capitale con il 25%». Se non fosse che, come per le regionali, a trainare è il «modello Zingaretti», ovvero il blocco di centrosinistra con il sostegno di Liberi e uguali e una forte connotazione civica. «Il campo largo del centrosinistra, delle associazioni, dei cittadini, c'è, è presente ed è l'unica coalizione che si contrappone alla destra egemonizzata da Salvini», ribadisce il governatore del Lazio.
Se le minoranze in Campidoglio si galvanizzano i Cinque Stelle, pur facendo autocritica, cercano di tenere basso il calo di consensi. Paolo Ferrara, capogruppo in consiglio comunale, attribuisce la disfatta all'astensionismo. E ammette: «La cura da cavallo che abbiamo messo in atto non prevede risultati a breve termine. Siamo intervenuti sugli appalti, per evitare gli affidamenti in somma urgenza, e la sindaca si è spesa molto con impegno instancabile. Da domani (oggi, ndr) saremo in strada per incontrare i cittadini e ascoltare le loro richieste». Che indicazioni di voto darete al ballottaggio? «Lasceremo libertà di scelta». Nessuna tentazione di appoggiare il Carroccio sulla falsariga degli equilibri nazionali? «Tutt'altro. L'alleanza di governo si è creata sulla base di un accordo programmatico, non replicabile nel III Municipio». De Vito concorda sull'effetto penalizzante della scarsa affluenza e difende Capoccioni, come lui di area lombardiana: «Era la scelta ottimale, ha lavorato bene. Sul territorio scontiamo il fatto che gli avversari si presentano uniti e con candidature più strutturate». Quanto ai prossimi passi per riguadagnare consensi, già nel consiglio di giovedì si chiederanno maggiori poteri (e risorse) per Roma, confidando nel sostegno dell'esecutivo amico.
Nel frattempo, è bagarre sul Daspo al segretario romano del Pd, Andrea Casu, escluso per tre mesi dall'aula Giulio Cesare. I dem accusano il presidente dell'assemblea capitolina, Marcello De Vito, di averlo espulso per aver protestato assieme alle attiviste della Casa internazionale delle donne. Replica il consigliere M5S che guida i lavori d'aula: «Il provvedimento è antecedente, si contraddicono da soli».
I dem «Soddisfatti, siamo il primo partito nella Capitale»