Ricatto a Marrazzo, per i carabinieri chiesti da 4 a 12 anni
Nove anni fa l’allora governatore Piero Marrazzo, vittima di un’estorsione da parte di 4 carabinieri infedeli, venne costretto alle dimissioni per i suoi rapporti con la trans Alexandre Vidal Silva, più famosa come Natalì. Da allora il giornalista, parte civile al processo (tra i più sfortunati per durata e impatto), è in attesa di giustizia. Ieri il pm Edoardo De Santis ha chiesto il massimo della pena per Nicola Testini, Carlo Tagliente, Luciano Simeone e Antonio Tamborrino, accusati a vario tiolo di associazione a delinquere, falso, calunnia, rapina, concussione, violazione di domicilio, perquisizione arbitraria e ricettazione. Questo mentre l’accusa di omicidio premeditato nei confronti dell’altro protagonista del ricatto a Marrazzo, il pusher Gianguerino Cafasso, è caduta. Testini e Tagliente, che secondo l’accusa furono i promotori del ricatto, rischiano 12 anni di carcere, Simeone ne rischia 9 e Tamborrino 4. Questo, ovviamente, in primo grado. Il (tormentato) dibattimento non ha sciolto alcuni misteri, uno dei quali, ricordato ieri dall’avvocato Antonio Buttazzo che assiste Natalì, riguarda il famoso video di Marrazzo ripreso in boxer e camicia nell’appartamento di via Gradoli. Non si è mai capito perché la Mondadori, se davvero non era interessata a quel video (come hanno ripetuto a dibattimento l’ex premier Silvio Berlusconi e il suo fiduciario Alfonso Signorini), lo duplicò.