«Rovinati dal Comune»
È vergognoso come il Comune gestisce le «Affrancazioni del prezzo massimo di cessione». Ecco il mio caso, ma ce ne sono tantissimi altri. Dopo una sentenza di Cassazione del 2015 si è scoperto che gli immobili di edilizia popolare non andavano venduti a prezzo di mercato, come sino a allora avvenuto, ma a un Prezzo Massimo di Cessione stabilito dal Comune. Il vincolo essere superato chiedendo al Comune l’Affrancazione, dietro pagamento di una sorta di «pedaggio». Dal 7 settembre 2015 e all’8 giugno 2018 sono state presentate 3.966 istanze di Affrancazione: il Comune ha inoltrato 1.083 richieste di pagamento, per cui ha però stipulato solo 391 Atti di affrancazione (in quasi 3 anni). Per un trasferimento all’estero dovevamo vendere un nostro appartamento di edilizia popolare. Volevamo (gennaio 2016) vendere al Prezzo massimo di cessione, per evitare complicazioni burocratiche. Poi, da illusi, abbiamo chiesto al Comune il famigerato Prezzo Massimo: nessuna risposta, nonostante pec, solleciti e reclare Abbiamo quindi optato per l’Istanza di Affrancazione, presentata il 29 dicembre 2016. Abbiamo poi trovato un acquirente con cui abbiamo stipulato un regolare compromesso di vendita, condizionato al rilascio dell’Affrancazione. L’atto è stato presentato al Comune il 13 novembre 2017 e per questo la nostra pratica è stata «urgentata». Il 1 febbraio ci hanno detto via pec che la nostra istanza era stata accolta: abbiamo pagato subito il canone relativo, protocollato al Comune. Poi ci è stato verbalmente comunicato che in un paio di mesi saremmo stati convocati per completare l’iter. A oggi ancora niente: siamo andati varie volte a chiedere informaziopuò ni. L’ultima è che è stata completata e trasmessa per la firma al Direttore da un mese. E allora? «È il Direttore a decidere, sui tempi non si può fare alcuna previsione». Intanto il povero acquirente continua a pagare l’affitto e a fine mese perderà la casa avendo disdetto il contratto appena ricevuta la comunicazione di Affrancazione, mentre noi continuiamo a pagare condominio e Imu per un appartamento che non possiamo usare né vendere, come migliaia di romani. Francesco Drago