Memoria e sogno nelle sculture di Joaquín Roca Rey
Al museo Bilotti una mostra con 25 opere dell’artista realizzate tra il 1956 e il 2001
Primordiale eppure contemporanea, capace di costruire un gioco di specchi tra epoche e civiltà lontane per riflettere l’immagine universale di un pensiero senza tempo: il mito. È la scultura di Joaquín Roca Rey, al quale il Museo Carlo Bilotti-Aranciera di Villa Borghese dedica fino al 4 novembre l’antologica Le
forme del mito, a cura di Giuseppe Appella.
L’esposizione raccoglie venticinque opere scultoree realizzate tra il 1956 e il 2001, quasi cinquant’anni di attività in cui l’artista peruviano ha intrecciato, con spirito da pioniere e grande sacralità, i simboli, i linguaggi, i materiali e le visioni del suo Sudamerica e della sua Europa (in particolare Roma, dove risiede dal 1963). Due anime che si mescolano nella lunga indagine formale intorno al mito e alla ritualità, con le sculture di Roca Rey che nel contatto tra un continente e l’altro si alleggeriscono dell’involucro pre-incaico di magia senza però abbandonare il cuore della ricerca. Ovvero quel concetto di totem che il maestro peruviano ha assorbito a partire dall’infanzia fino agli studi accademici a Lima, e che ha ritrovato sul suo percorso nell’arte di Lynn Chadwick e Henry Moore, di David Hare e David Smith.
Difficile da etichettare. Perché la disinvoltura con cui Roca Rey passa dal travertino rosso di Persia al marmo bianco di Carrara o ai metalli è la stessa con cui le sue forme vivono di dualismi, contrasti e ambiguità, in un magistrale equilibrio fra rigore e fantasia, leggerezza e solidità, pieno e vuoto, concavo e convesso, memoria e sogno, sessualità maschile e femminile, vita e morte. Sono sculture che sembra vogliano essere circumnavigate, che chiedono di essere scoperte, toccate e allo stesso tempo adorate come fossero moderne divinità pagane della fertilità. Come se contenessero il segreto dell’uomo e del cosmo. L’artista da un lato invita l’osservatore a infrangere quella barriera immaginaria che lo separa dall’opera d’arte mentre dall’altro posa irrimediabilmente sulle sue sculture il velo del mistero e della meraviglia. In una parola, del mito.
Promossa da Roma Capitale con il patrocinio dell’Ambasciata del Perù, la mostra infine s’inserisce in un più grande progetto dedicato a Roca Rey, scomparso nel 2004, che coinvolge anche il Sistema dei Musei e dei Beni culturali Acamm (Aliano, Castronuovo Sant’Andrea, Moliterno, Montemurro), dove in queste stesse settimane sono ospitate diverse collezioni di disegni e sculture di piccole dimensioni. Per uno sguardo non solo ampio ma anche diffuso sul territorio.